venerdì 27 dicembre 2013

La natura divina si manifesta nel creato come Sofia/Logos e Gloria

La vita di Dio è piena in se stessa nella Trinità e, se può riempirsi ancora, non è per la divinità ma per ciò che non è divino. Da questa eccedenza d’amore nasce il suo offrirsi e desiderare l’Altro da sé, il mondo degli enti che potenzialmente sono i  suoi interlocutori. Questa manifestazione di amore è il principio di una nuova poliipostaticità creaturale (quella degli uomini e degli angeli) che alcuni teologi ortodossi chiamano Sofia[1]. Essa rimane fuori del mondo divino, ma le è permesso di avervi accesso per la condiscendenza dell’amore divino. La Sofia creaturale non fa che accogliere, perché non ha niente da dare, essa contiene solo ciò che ha ricevuto. Con la consegna di sé all’Amore divino, essa da inizio a tutto in sé. In questo senso la Sofia è la femminilità spirituale, il mondo ideale, il Tutto nell’unità di ogni personificando. Situata tra Dio e il mondo, la Sofia rimane tra l’essere creaturale e l’essere persona divina.
Il mistero del mondo è stato concepito nel Figlio Unigenito come Logos ordinatore del mondo (mascolinità spirituale)  e si manifesta come Sofia, azione di grazia in ciascuno dei personificandi (femminilità spirituale).
Ogni ente creato è natura nel senso che continuamente nasce alla vita divina, perché  accogliendo la grazia divina, riceve la direzione del suo essere creato, la sua logicità, il senso della sua libera relazione con il Creatore. Il Logos è la volontà di Dio Creatore, per mezzo del quale ogni cosa creata è pensata e posta in essere come sua immagine, suo prototipo, ma realizzata nella somiglianza soltanto mediante la Sofia che accogliendo la sostanza divina da forma e bellezza a tutto ciò che vive. La Sofia non fa che rendere feconda l’idea intellegibile, manifestare il corpo di ciascun logos. La natura (anima del mondo) come sostanza vivente è chiamata ad associarsi alla vita dello spirito per diventare corpo spirituale. Il sigillo della Sofia è stato impresso nelle creature perché il mondo riconosca nel Creatore il Logos e attraverso il Logos, il Padre
Dal punto di vista del Padre, la Sofia è la sostanza ideale, il fondamento del creato, in riferimento al Figlio, la Sofia è la ragione del creato, il suo senso, la sua verità e giustizia. Nello Spirito Santo, la Sofia è la spiritualità del creato, la sua santità, l’immacolatezza, cioè bellezza. La Sofia è l’amore personale di Dio, la stessa sostanza del Dio-Amore.  
L’apice della manifestazione nella Sofia creaturale si ha nella Gloria[2], quando Dio si fa intimo all’uomo nel dono del suo Spirito. La gloria è semplicemente il superamento della dualità: Dio non è più altro da te, rimane la distinzione della creatura da Dio, ma la distinzione sussiste nella unità: tu non dici che Dio, tu non sei più che Dio. Rimane la distinzione ma nella unità. In questa unità non è soltanto l'uomo che sparisce come altro da Dio, è anche Dio che 'sparisce' come altro dall'uomo. Sparisce come altro da te. Il cammino della gloria è precisamente un cammino di umiltà. È il cammino infatti onde l'uomo entra sempre più nell'abisso di Dio e sparisce e non rimane più che la luce divina. Dio si comunica in tal modo all'uomo che l'uomo non lo può trovare più al di fuori di sè. Prima lo vedeva nel cosmo, poi lo riconosceva nella sua medesima storia, poi Dio entrava nella sua medesima vita finchè Egli diveniva Uomo, diveniva lui stesso. Di fatto, nella misura che Dio rimane 'altro' dall'uomo l'uomo è nell'inferno. L'inferno è la divisione.  La rivelazione suprema della gloria non potrà mai avvenire, comunque, nella vita presente, ma avviene con la morte, perchè è precisamente con la morte che l'uomo precipita definitivamente nel silenzio di Dio. La glorificazione dell'uomo non è l'atto dell'uomo ma di Dio, è come un essere consumati dal fuoco della Divinità, così che nell'uomo non viva più che la Sua luce, non si faccia presente che la sua volontà. Certo, l'uomo rimane, ma rimane per attestare Dio. L'uomo rimane ma non dice più che Lui.
La vocazione dell'uomo è quella di essere Dio. L'uomo realizza se stesso soltanto se muore a una sua indipendenza, a una sua autonomoia nei confronti del Creatore e, lasciandosi investire dalla sua presenza, fa sì che Dio vive attraverso di lui, Dio si esprima, Dio si manifesti, Dio si riveli, Dio dica Se stesso attraverso l'essere creato. Questo avviene nel Figlio di Dio.
Tanto da una parte che dall'altra è un processo di umiltà e di morte. Ma Dio muore per vivere in te, e tu muori per vivere in Lui. Ed ecco che Dio, ora, non è più in Se stesso ma in te e tu, non vivi più in te stesso ma in Lui. Così come il Padre vive nel Figlio e il Figlio vive nel Padre.  Questa è la gloria dello Spirito Santo, l’amore della Persona che vive nell’unità dell’altra, il pieno godimento, la perfetta beatitudine.







[1] Sophia (in greco Σοφία, "sapienza") è un concetto filosofico e religioso comune sia allo gnosticismo, di scuola alessandrina o di scuola siriana, sia all'ebraismo, sia al Cristianesimo. Essa assume il significato, in base al sistema al quale si applica, di Sapienza divina o parte femminile di Dio. La Sofia è l’essere originario del creato, l’Amore creatore di Dio “ che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rom. 5, 5).

[2] Nella rivelazione ebraico-cristiana la parola gloria ha prima di tutto un significato oggettivo: è il peso dell'essere, è l'essere trascendente di Dio che non ha alcuna proporzione con l'essere creato e che nella sua manifestazione, si direbbe, dissolve tutte le cose. La gloria di Dio è 'questo Essere divino' che, facendosi presente dà alla creatura il senso della Sua pienezza, della Sua forza, della Sua trascendenza, del Suo peso. Distrugge la creatura ma perchè la trasforma. La creatura vien meno, per risorgere in Dio

sabato 14 dicembre 2013

Il nulla creaturale secondo la teologia mistica

Il dono di sé di Dio, attraverso la rinuncia alla propria natura divina, è il prototipo della ascesa mediante il sacrificio, la conquista spirituale attraverso la perdita e la rinuncia a sé. Lo svuotarsi da parte del Figlio della propria natura divina non è un movimento accidentale di autonegazione, ma un essenziale aspetto dinamico della natura divina in sé, quell’aspetto dialettico che instaura una comunicazione essenziale, in un capovolgimento-coinvolgimento di essenze, tra uomo e dio. L’esito del cammino è dunque l’annullamento, un rischiararsi dell’anima come Nulla, il termine inverso del Tutto, e che proprio per questo può essere dal Tutto fecondato. Tutto e Nulla sono termini che mantengono il loro senso più pregnante solo nella loro reciproca tensione, nel loro dialogo, dando luogo ad un movimento complementare. Il nulla creaturale è la dimensione ontologica caratteristica del soggetto umano.

 «Dio comincia là dove la creatura finisce. Ora, da te Dio non desidera nulla più
se non che tu esca da te stesso, quanto al tuo modo di essere creaturale, e lasci
che in te Dio sia Dio» (Eckhart).

Il dato di partenza della «notte» e pertanto un momento iniziale nella logica del processo ascetico, quel «nulla», appunto, che la creatura rifiuta istintivamente di essere, quel nulla a partire dal quale Dio si compiace di ripetere la creazione. Nella creatura l’essere viene totalmente e costantemente conferito da una continuità nella creazione ma, considerata in se stessa, la creatura è un puro nulla. Su questa tematica del nihil creaturarum Giovanni della Croce si muove in consonanza con uno dei temi forti della mistica tedesca fiorita sulla scia di Eckhart. L’essere della creatura, nella sua totalità, non è che un prestito, una presenza dell’essere di Dio che in questa sua immanenza – nell’essere un Dio-per-noi , una divinità relazionata – non rinuncia però ad una sua assoluta trascendenza in quanto Monade inconoscibile, deus absconditus.

Il tema del deus absconditus privo di attributi, essenza divina irrelata ed ineffabile, non è nuovo, soprattutto nelle tradizioni mistiche che affondano parte delle proprie radici nel neoplatonismo. Lo troviamo infatti, oltre che nella tradizione mistica cristiana, nel sufismo e nella Qabbalah (nell’idea dell’En-Sof, “senza-fine”, il Nulla divino che si manifesta in dieci emanazioni attraverso l’albero delle Sefirot

«Bisogna sapere che Dio, in ogni anima, fosse anche quella del maggior
peccatore del mondo, dimora e risiede sostanzialmente. E questa maniera di
unione è sempre costituita tra Dio ed ogni creatura, nella quale viene conservato
l’essere che possiedono; di modo che se venisse a mancare, si annichilerebbero e
cesserebbero di essere.  E dunque, quando parliamo di unione dell’anima con Dio, 
non parliamo di questa sostanziale, che è sempre fatta, ma dell’unione
 e trasformazione dell’anima con Dio, che non sempre è fatta, 
ma solo quando viene ad esserci somiglianza d’amore. 
E pertanto questa si chiamerà unione di somiglianza, 
così come quella unione essenziale o sostanziale; 
quella naturale; questa soprannaturale» Salita al Monte Carmelo II, 5,3.

 «Quando arriverai ad essere ridotto a nulla, sarà compiuta l’unione tra l’anima e
Dio, che è il maggiore e più alto stato cui in questa vita si possa giungere, poiché
non consiste in ricreazioni e gusti, e sentimenti spirituali, ma in una viva morte
della croce sensuale e spirituale, cioè interiore ed esteriore» Salita, II, VII, 11.

 Il vuoto rappresenta il limite della recettività e della passività, ma non può emergere se non attraverso una tensione, un desiderio bruciante (Eros); Giovanni della Croce sa di dover aspettare il dono del perfetto annullamento, il rapimento che permette di attuare il completo annichilimento delle potenze dell’anima, in un estremo slancio non volontaristico, nell’abbandono inerte, nel rendersi soggetto all’opera divina che diviene il reale soggetto agente del processo.

L’amore, inteso come eros, non può esistere se non a partire dagli esseri inferiori, nel loro desiderio di assimilarsi ai superiori. L’amore che muove il cosmo platonico o aristotelico (libro XII della Metafisica, dove si espone la dottrina del Motore Immobile) è l’amore con cui Dio è amato, l’amore con cui Dio trae a sé le creature; per lui, amare qualcosa di inferiore e di imperfetto non avrebbe alcun senso. Al contrario, per Dionigi, l'amore che muove ogni essere è l’amore proprio di Dio, l’agápe con cui lui ama, amore che è puro dono e benevolenza. L’eros delle creature sarà il loro sforzo di pervenire alla sorgente di questa agápe, rinnovando il processo circolare di creazione e ritorno, fornendo ai secoli successivi l’immagine di una fonte che scorre dentro se stessa e verso se stessa, un “Dio sempre immobile nel mutamento”. La morte diviene il traguardo della passione, è contenuta intimamente nella struttura dell’eros che nel proprio soddisfacimento, nel e come suo traguardo, annulla se stesso.

«Ciò che Dio pretende è farci dèi per partecipazione, essendolo lui per natura,
come il fuoco converte tutte le cose in fuoco» Punti d’amore riuniti a Beas, 27.
«Le anime possiedono dunque per partecipazione gli stessi beni che il Figlio
possiede per natura; sicché sono davvero degli dèi per partecipazione, pari a Dio
e suoi compagni. […] L’anima parteciperà a Dio stesso, agendo in lui e
accompagnandosi a lui nell’opera della Santissima Trinità, in virtù dell’unione
sostanziale tra l’anima e Dio. Sebbene ciò si compia perfettamente nell’altra
vita, in questa tuttavia, quando si arriva allo stato di perfezione, se ne ottiene un
forte indizio e sapore» Cantico Spirituale XXXIX,6.

Il che richiede l’intervento soprannaturale della grazia divina, operatrice intermediaria tra l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale, affinché l’anima venga temporaneamente sottratta alla sua dimensione temporale e naturale di creatura finita. Questo passaggio avviene attraverso una «morte» ( che sarebbe estremamente riduttivo definire “simbolica”) della natura creaturale, e una rinascita: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio» (Colossesi 3,3).


mercoledì 4 dicembre 2013

La libertà creaturale

La libertà della creatura poggia sulla “nulla” come sua base, la potenza di Dio si è limitata dando spazio alla libertà creaturale. Per quanto grande sia la libertà concessa alla creatura, essa non si esercita che per disporre del dono divino dell’essere e non per creare se stessa. L’io creaturale non è assoluto, la sua stessa libertà è non libera, è racchiusa e imprigionata nel limite. Solo la Persona divina è libera e assoluta, ma questa libertà è inseparabile dalla necessità di amare. Nello Spirito Assoluto, libertà e necessità (natura) coincidono esattamente in quel principio dell’Essere divino che è l’Amore. Infatti, nella rivelazione si dice che Dio è amore (1Gv 4,8 ), di conseguenza Dio è al di sopra della libertà, in quanto solo all’amore appartiene la pienezza assoluta.
La libertà nella creatura è sempre relativa al principio personale. Al di fuori della libertà, la persona non esiste affatto. La persona è il principio vivente e la libertà è una funzione della vita. Se si parla di libertà, bisogna innanzitutto vederla nella Persona divina. Ogni creatura è chiamata a crescere e svilupparsi per attuare nella somiglianza, l’immagine divina che in essa è stata posta come un sigillo. Dio ha inserito nella creazione il dato di fatto (immagine) quale dato da compiere (somiglianza). La creatura sarà simile a Dio se non supererà  il limite di affermare se stessa, se permetterà a Dio di far risplendere la sua immagine in quanto principio di vera libertà. La creatura chiamata liberamente all’esistenza da Dio, dovrà rispondere affermativamente al suo essere creato. L’Io della creatura (umana e angelica) può porsi nel mondo solo da se stesso, è perciò nella creazione dell’ Io personale, il comando di Dio: “Sia” è rivolto in forma interrogativa all’Io che, sebbene creato, pone se stesso. In questa possibilità della creatura di porre se stessa è contenuta l’immagine di Dio che sarà attuata pienamente nella somiglianza divina quando lo spirito creato vivrà non per se stesso ma per amore di Colui che è il suo principio creatore.
In questa condizione di riconoscere o non riconoscere di essere creatura è presente la possibilità di deviare verso la divinizzazione di se stesso. Finchè l’uomo vede in Dio il proprio prototipo, ha coscienza di non essere principio del proprio essere ma solo una goccia in cui si riflette il Sole divino. In questo riconoscimento di essere immagine di un Altro, nasce anche l’amore verso questo Modello che è il Figlio Unigenito di Dio. Allora, la creatura raggiungerà la sua personificazione nella libertà accogliente e offerente del Figlio, attraverso l’atto della kenosi d’amore. Ma basterà che volti le spalle a quel Sole e che rifiuti la kenosi perché rimanga solo con se stesso, nella coscienza della propria autoaffermazione luciferina. E’ questa la via di Satana che ha soffocato l’amore ed è caduto nella solitudine dell’Io, ed è in generale anche  la via aperta anche all’uomo proprio a causa dell’autoposizione del suo Io.


mercoledì 27 novembre 2013

La creazione si manifesta dalla profondità di Dio

Dio nella sua onnipotenza, autolimita il suo mondo divino per uscire da se stesso verso “l’altro da sé” [1], ovvero verso il quasi nulla[2] .  Dio si contrae[3], si svuota[4], in modo che si manifesti la sua creazione; questo spazio divino è il grembo materno da cui sono generati gli angeli e gli uomini, chiamati alla vita divina. Dio per amore del suo Figlio, pone accanto al suo essere assoluto l’essere relativo[5]. Questo movimento kenotico permette a Dio di restare nell’immutabilità del proprio essere in sé, ma allo stesso tempo di vivere nella mutabilità della sua creatura. Dio permette alla sua creatura quello spazio creaturale che è la libertà relativa. Ma facendo ciò, limita se stesso, poiché si potrebbe attivare la potenzialità del male insita nella sua creazione.
Il nulla lo si deve considerare in unione con l’essere, allo stesso modo che lo zero, posto dopo l’unità diventa un numero. Il nulla assoluto ricevendo l’essere potenziale, diventa il nulla esistente (nulla relativo).
Il mondo creato è nulla nel senso che non ha una propria esistenza autonoma di fronte a Dio, ma questo nulla è racchiusa nell’eternità di Dio. Le radici della creazione sono quindi nell’eternità di Dio[6], quindi mondo divino e mondo creaturale hanno la loro radice nelle “profondità di Dio”[7].
Dio lascia che il mondo creaturale esca da Lui e gli stia di fronte nella sua libertà, Dio si fa altro fuori di sé, caricandosi del rischio di un rapporto con il nulla. Infatti, la creatura scegliendo liberamente di restare nella sua indipendenza, può negare il suo rapporto vitale con il suo principio e attivare il “nulla creaturale”, rimanere nel suo stato di vuoto esistenziale.
Fra Dio e la creatura, fra l’Assoluto e il relativo giace il nulla il limite oltre il quale si estende il non essere, la “tenebra fitta”, ermetica ad ogni luce. La creatura è caratterizzata dal suo essere nulla, dal suo essere tutto relativo a Dio. Tu sei stato creato significa: tutto ti è stato dato, persino tu stesso non ti appartieni. Rinchiudersi nel proprio stato di creatura significa desiderare di essere tenebre di cui Satana è il principe. Nel suo nulla egli ha voluto vedere il tutto divino, ed è stato costretto a rinchiudersi nel regno della morte.
La creatura è nella sua sostanza essere-non essere come la materia è il grembo materno, che è contemporaneamente sia ricettacolo, che tomba. Essa è la Madre-Terra che fecondata dallo Spirito Creatore, trae dal suo grembo tutto ciò che esiste e accoglie nelle sue viscere tutto ciò che vi ritorna come essere mortale.
Con la creazione, l’Assoluto stabilisce due centri: quello eterno e quello creato; nelle viscere dell’eternità appare “un assoluto in divenire”: il Creatore.
Creando il mondo, Dio si fa in qualche modo Lui stesso creazione. Nel mondo e per il mondo Dio stesso diviene, si sottopone a un continuo processo[8]. Perciò si può dire che Dio non è compiuto, in quanto non è compiuto il mondo, e che non è assoluto, poiché ancora non è “tutto in tutti”. Dio è correlativo alla creatura che in forza della sua libertà si può allontanare verso il suo nulla e nascondervisi. Dio vuole invitare al suo amore questo non-essere, questa vita non-divina, ma ponendo accanto a sé un mondo extradivino stabilisce un certo limite che nello stesso tempo riunisce e separa Dio e il mondo. Questo limite temporale[9] sarà superato nel regno eterno di Dio quando la creazione ritornerà nell’Assoluto di Dio, in quanto il Creatore e la creatura saranno un’unica realtà nel Figlio unigenito di Dio e quindi “ Dio sarà tutto in tutti” (cfr. 1 Cor 15,28).
Il principio della creazione coincide con la generazione eterna del Figlio, nel quale il Padre assume il progetto del mondo come afferma l’apostolo Paolo: “in Lui tutto è stato creato” (Col 1,16). Con l’inizio della creazione il Figlio è posto in potenza fuori dal Padre dal momento in cui Egli vede la possibilità di un altro essere come potenzialità. Alla fine della creazione il Figlio sarà effettivamente Persona divina in quanto assorbito nell’atto purissimo dell’Assoluto di Dio.






[1] L’altro di Dio non è qualcosa fuori da sé, ma è incluso nelle viscere della vita divina (pan-enteismo, tutto in Dio e per Dio)
[2] Il quasi nulla è il nulla relativo, in greco me on ciò che non è ancora manifestato, una categoria tra non-essere ed essere, è la materia-madre  gravida che contiene potenzialmente tutto.
[3] Questo movimento trova il suo fondamento nel Zimzum, che secondo la tradizione ebraica è l’autocontrazione di Dio, il suo ritirarsi per far spazio alla libertà della sua creatura.
[4] In greco kenos vano, privo di verità, che non contiene nulla. Questa è la prima kenosis di Dio, il suo primo annientamento che prefigura la kenosis del crocifisso.
[5] Dio diventa Creatore quando la sua assolutezza diventa relativa, rispettando così una volta per sempre l’alterità di ciò che da Lui viene alla luce.
[6] Tutto ciò che è temporale  è eterno e l’eterno si manifesta nel temporale. Dio si lascia kenoticamente immergere nel divenire attraverso l’atto creativo. Il tempo della creazione è l’immagine mobile dell’eternità di Dio.
[7] San Paolo chiama “la profondità di Dio” (1Cor 2,10) che solo lo Spirito conosce, pléroma, pienezza della natura divina in cui Dio vive come Trinità.
[8] Questo processo all’interno della Divinità è l’impronta dell’essere trinitario nella struttura del mondo, nella storia universale, poiché le persone divine si manifestano nel corso del tempo. Infatti, ciò che si manifesta nel tempo esiste dall’eternità nelle viscere di Dio.
[9] Il tempo è sostanzialmente collegato alla condizione della creatura immersa nel nulla. La temporalità non esiste se non nell’eternità, la linea del tempo deve fondersi in un punto, quando “ non vi sarà più tempo” (Ap 10,6).  Il tempo viene fondato dall’eternità, poiché Dio con la sua forza creatrice (energia) è presente nel processo temporale, vi nasce: la creazione teofanica è anche una teogonia.

martedì 5 novembre 2013

Immagine e somiglianza di Dio nei personificandi angeli e uomini

L’immagine e la somiglianza stanno in rapporto tra loro come la condizione e il fine, il dato e il compito, l’inizio e il termine della partecipazione alla vita di Dio. L’immagine di Dio nell’angelo e nell’uomo, condizione originaria nella generazione, è portata a compimento con la somiglianza divina mediante l’opera dello Spirito Santo che rende ciascun personificando persona divina.
Gli angeli e gli uomini accettando liberamente di essere ad immagine di Dio hanno il compito di scegliere il bene come grazia dello Spirito Santo in loro, questa unzione li rende simili al Figlio Unigenito di Dio.
Per essere ad immagine di Dio il personificando deve scegliere la femminilità (figlia di Dio) e lasciare la mascolinità al Padre. In questo modo Dio si unirà al personificando rendendolo simile all’Unigenito Verbo (figlio di Dio). Lo Spirito Santo ha donato la somiglianza divina a ciascun personificando perché ha accolto il suo essere immagine di Dio mediante la sua sponsalità e ha reso fecondo la sua vita attraverso la sua maternità generando in sé il Verbo Unigenito di Dio.

L’immagine divina nell’angelo si esprime nel suo essere partecipe della natura divina già nella sua generazione. Il suo compito sarà personificarsi attraverso il suo servizio all’uomo, attraverso l’unione con l’uomo che gli è affidato. La somiglianza divina nell’angelo avviene per illuminazione. Per questa luce che ricevano direttamente da Dio, gli angeli hanno una conoscenza superiore a quella dell’uomo. L’angelo è la prima natura luminosa dopo la causa prima da cui riceve un riflesso anche la luce seconda.
Gli angeli non avendo il corpo, non hanno la stessa energia di vita di un corpo formato  dalla terra per ottenere con esso una forza vivificante. La pienezza della loro immagine e della loro somiglianza consisterà nella loro unione perfetta con l’uomo.
L’immagine divina nell’uomo è il fondamento ontologico incancellabile, mentre la somiglianza divina è la libera realizzazione della propria immagine secondo il pensiero divino. L’uomo è stato creato dio per operare la sua attività creatrice nel mondo, come testimonia Gesù nel quale immagine e somiglianza si identificano: “Mio Padre opera fino ad oggi, e anch’io opero” (Gv 5,17).
La mancata corrispondenza tra immagine e somiglianza, fra la sua potenzialità e la sua attualità, costituisce proprio la specificità dell’uomo, che con la sua libertà dovrà realizzare il suo prototipo ideale: il Figlio Unigenito di Dio. Il corpo dell’uomo era stato affidato come un compito di ascesi creativa mediante lo spirito infuso da Dio.  I corpi di Adamo ed Eva quando vennero creati, non erano ancora pneumatofori, la loro materia non era ancora interiormente illuminata dallo spirito.  L’uomo aveva compiuto i suoi primi passi nel paradiso terrestre per conoscersi e determinarsi sotto lo guida diretta di Dio e per realizzarsi come persona attraverso la sua libera attività creatrice. Il mondo è dato all’uomo come progetto o potenzialità di paradiso.

venerdì 18 ottobre 2013

L' universo angelico e umano nel progetto di Dio

Voi tutti siete dèi e figli dell’Altissimo (cfr. Sal 82,6; Gv 10,34)

Universo angelico
Gli angeli sono esseri divini, riflesso della stessa divinità, chiamate “seconde luci” La loro partecipazione alla natura divina  consiste nella possibilità di “nascere da Dio”, vale a dire di diventare figli di Dio.
Gli angeli sono metaxu ipostatici tra Dio e il mondo, il loro ministero consiste nell’essere intermediari tra il mondo divino e il mondo creato. Il loro amore per Dio e per l’uomo è accompagnato da una rinuncia naturale. In questo amore si compie la rinuncia a possedere una natura propria, per assumere la vita di un altro essere, quella dell’uomo. L’amore angelico è immagine dell’amore trinitario, infatti ogni persona divina rinuncia ad essere per sé, per essere negli altri due. Allo stesso modo gli angeli hanno la loro vita in Dio e nel mondo degli uomini, conservando per se stessi un’esistenza incorporea, la sola possibilità di essere senza energia, una sorta di stato potenziale. Come Dio si spoglia di se stesso, si limita volontariamente ponendo al sua fianco l’essere relativo del mondo per conferirgli la realtà, così gli angeli si mettono a totale servizio dell’uomo per farlo diventare se stesso.

Universo umano
L’uomo, creato a immagine del Verbo di Dio,  partecipa di due nature: la natura divina (spirituale) e la natura creata (animale-corporea).
Il primo Adamo, potenzialmente uomo-Dio è l’immagine di Cristo venturo, è l’anima del mondo, perché attraverso la sua umanità unisce interiormente il mondo naturale con il mondo angelico. La sua natura umana sarà chiamata a personificarsi mediante lo spirito infuso da Dio, a rivelarsi come divina Sapienza, ad assumere il volto glorioso di Dio, a diventare natura divina personificata, entrando così nella relazione trinitaria.
Gesù, l'Unto per eccellenza da Dio, è stato elevato alla dignità di primogenito uomo-Dio, attraverso la sua morte e risurrezione. Lui è il primogenito dei risorti, colui che nel Verbo Unigenito ha raggiunto la mèta (essere Dio con Dio).  

Lo spirito dell’uomo è creato nell’eternità di Dio. Tutti i volti umani sono immagini del Verbo Unigenito, raccolti in un solo Corpo e immagini dello Spirito Santo che manifesta la divinità nell’umanità. L’uomo, quindi, ha un duplice prototipo, del Verbo e dello Spirito Santo che manifestano il Padre. A ciò corrisponde anche il fatto che l’uomo fu creato a immagine di Dio come maschio e femmina. In Adamo già è contenuta e creata tutta la pienezza dell’umanità che viene all’esistenza moltiplicandosi.


lunedì 14 ottobre 2013

La generazione dell’universo angelico e umano nella manifestazione della Trinità

Dio Padre generò l'universo angelico a sua immagine; il suo Unigenito Verbo sta generando a propria immagine quello umano (da circa 14 miliardi d'anni), di cui il primogenito è Gesù Cristo. Lo Spirito Santo sta generando l'universo dei Santi a sua immagine e somiglianza, contemporaneamente alla manifestazione del Verbo perché ciascun Santo procede dalla coppia angelo-uomo fedele alla volontà di Dio Uno e Trino, come lo Spirito Santo procede dalla santità del Padre e del Verbo. Intanto, poiché le tre Persone  agiscono sempre congiuntamente, l'immagine degli angeli riflette anche quella del Verbo e dello Spirito Santo, e in quella degli uomini è presente il riflesso del Padre e dello Spirito Santo.



venerdì 11 ottobre 2013

L’Unigenito Figlio di Dio: Verbo personificato della manifestazione del Padre

 Dio Uno-Unico  vuole manifestare alla sua infinita Sostanza,  la sua Sapienza e il suo Amore, donando il seme della sua essenza ad ogni infinito Aspetto particolare della sua Sostanza, chiamato a personificarsi attraverso la scelta della vita e del bene.
Dio si manifesta come Padre, perché principio della generazione, Colui che dona il seme della personificazione e come Madre, perché accoglie nel seno della sua Sostanza  il seme della personificazione e lo fa crescere con la sua Sapienza e il suo Amore.
Dio Padre fa la scelta della femminilità spirituale[1] per far scaturire dal suo seno   il seme della sua conoscenza al suo unico personificando: la Sostanza. Essa lasciando la mascolinità verginale[2] al Padre e assumendo la femminilità spirituale, potrà ricevere il seme di Dio che la condurrà alla personificazione divina.
La Sostanza rispondendo con il suo Sì a questo progetto d’amore, viene elevata alla dignità di Figlia perché accogliendo questa donazione del Padre, diventa Sposa di Dio e quindi Madre dei futuri personificandi.
Dio Padre donando, a sua volta, tutta la sua mascolinità verginale alla Sostanza, espressione del suo progetto d’amore, diventa il Verbo, il Figlio Unigenito di Dio, chiamato ad essere Dio con Dio in tutti i suoi personificandi, che accogliendo a loro volta, la Sapienza del Figlio e crescendo nell’Amore dello Spirito Santo, saranno personificati in Dio.
La missione particolare del Figlio Unigenito, Dio da Dio, Luce da Luce sarà poi quella di offrirsi all’Eterno Padre come vittima di espiazione per tutte le deviazioni[3] dei personificandi, affinché ogni Aspetto particolare giunga ad essere Dio con Dio.

Lo Spirito Santo: Amore personificato della manifestazione del Padre e del Figlio

In questo scambio d’amore tra il Padre e il Figlio Unigenito, procede lo Spirito Santo che porta a compimento questo progetto. Lo Spirito Santo accetta di essere l’Amore personificato della manifestazione del Padre e del Figlio, poiché realizza la Volontà espressa dal Padre e la Volontà accogliente /offerente del Figlio. La sua missione sarà quella di condurre ogni personificando a realizzare questo progetto nel Figlio Unigenito di Dio, che è il modello e il prototipo per tutti gli esseri viventi, e di difenderli dalle infinite potenzialità del male che ostacoleranno questo progetto. A questo punto la Trinità si manifesta nel mondo creato, poiché il Padre ha affidato l’amministrazione di questo progetto d’Amore al suo Figlio Unigenito, il quale lo porterà a compimento, con la potenza dello Spirito Santo, in modo che Dio sia Tutto in Tutti, Dio Elohim.






[1] Indica l’accoglienza del progetto di Dio di manifestarsi come Madre dell’Unigenito.
[2] Indica la direzione che Dio ci traccia, la sua volontà d’amore di essere Padre.
[3] Il personificando nella sua libertà può deviare scegliendo di non accogliere la vita divina e di restare nel stato “nullo” in cui è stato creato. In tal modo il male viene attivato, il quasi nulla della creatura non progredisce verso il bene, rimanendo nello stato mortifero. L’Unigenito Figlio di Dio offre al Padre tutte le scelte mascoline sbagliate dei suoi personificandi affinché accolgono il progetto d’amore di essere figli nel Figlio Unigenito.






sabato 5 ottobre 2013

Elohim: manifestazione di Dio Uno-Trino e Plurimo

Dio Uno-Unico è il Tutto senza alcun oltre, l’Infinito. Dio è Essenza[1] e Sostanza[2]. Essenza per quel che è, Spirito Assoluto[3]; Sostanza per quel che ha, Amore, possiede se stesso nella sua natura[4] divina.  
Dio Spirito Assoluto, nel suo abisso divino[5], manifesta la sua natura divina come Amore, il quale, si fonda nella Libertà[6].
L’Assoluto di Dio per amore della sua natura si fa relazione attraverso due passaggi: il primo è quello all’interno della vita di Dio nella Trinità, dall’essere per sé del Padre all’essere “per” e “nel” Figlio Unigenito, con lo Spirito Santo[7]. Il secondo passaggio è la relazionalità esterna del mondo di Dio nell’atto della creazione.
Dio è Onnisciente, poiché conosce perfettamente il Bene[8] che garantisce l’eterna esistenza e conosce  perfettamente “il male”[9] che produrrebbe l’assoluta inesistenza, l’annullamento, il nulla assoluto.
Dio-Uno-Unico e Assoluto nella sua libertà vuole distinguere la propria Onniscienza, in conoscenza delle potenzialità del male e conoscenza delle potenzialità del bene.  Dio Assoluto vuole darsi un limite[10]: disattivare le potenzialità del male per poter perseguire eternamente le potenzialità del bene.
Questa autolimitazione divina genera un movimento diffusivo di bene, poiché è proprio dell’amore divino dilatarsi al di là di sé. Dio nella propria libertà sceglie di agire esclusivamente attraverso la dinamica del bene  per garantire un eterno Sì alla Vita eterna; avrebbe potuto scegliere di attivare le potenzialità del male se avesse voluto annullarsi, ma non lo fa perché fedele alla sua volontà di essere Dio non annulla alcunché del Tutto che egli è, poiché ogni infinito Aspetto[11] di Se stesso, è indispensabile alla totalità dell’Infinito.
Dio è dinamico Amore immutabile/mutevole nel suo eterno presente. immutabile nell’Essenza; mutabile per il dinamico amore che effonde nella vita della Sostanza[12].
Dio si manifesta come Persona[13], decide di rivelare il suo Volto e quindi riversa il suo Amore in ciascun aspetto particolare della sua Sostanza.
Nell’eterno suo presente, Dio-Uno-Unico cantava l’Io sono in un monologo che, attraversando gli infiniti aspetti particolari della Sostanza, echeggiava nel Tutto come armonia polifonica.  Dio nel suo progetto d’amore vuole che ogni aspetto particolare della Sostanza  diventi ciascuno dono di se stesso agli altri.                                                                                            
Ogni Aspetto particolare per diventare un essere distinto e in perfetta comunione con Dio dovrà essere abilitato a personificarsi nella Sostanza divina, attraverso la prova della libertà, nella dimensione spazio-tempo[14].






[1] "essenza" (dal greco "ousia"), vuol dire ciò che realmente è, ciò per cui una cosa è quel che è anziché un'altra cosa.
[2] dal latino substantia, ricalcato dal greco ποκείμενον (hypokeimenon), letteralmente traducibile con "ciò che sta sotto", si intende ciò che è nascosto all'interno di una realtà.
[3] Lo Spirito Assoluto è Colui che esiste per sé come vivente in eterno.
[4] Dal latino natus  da nasci nascere suffisso del participio futuro che letteralmente significa la forza che genera. In greco il termine “natura” physis deriva dal verbo greco phyo, che genericamente indica far crescere, crescere. Il termine “natura” indica l’origine, l’inizio, la provenienza e la genesi di una cosa o di tutte le cose. Concettualizzato, diventa fin dagli albori della filosofia, un concetto-chiave nel ricercare coi presocratici l’origine della natura, intesa come “mondo”, ossia come l’insieme di tutte le cose.
[5] Secondo la teologia negativa Dio viene manifestato a partire dal suo nascondimento, la categoria del “nulla divino” nel quale tutto nasce, la fonte originaria dell’essere nella sua immobile profondità. Il  nulla relativo che attraverso il soffio invitante dello Spirito diventa accoglienza della proposta del Tutto.
[6] In Dio la libertà coincide con la necessità. La sua libertà non è libero arbitrio, perché Dio vuole tutto ciò che corrisponde alla propria natura, al proprio amore. Infatti, l’Amore contiene una legge necessitante che consiste nell’uscire da sé per poter esercitare al massimo le sue potenzialità.
[7] La terza Persona è l’amore umile che si svuota della sua persona, affinché le altre persone siano e possono entrare in rapporto. Lo Spirito Santo è la metaxu, tra il Padre e il Figlio, che accompagna il Padre e il Figlio ad essere relazione d’amore.
[8] Il bene è qualche cosa, oltre la quale non posso spingermi; che esiste in sé, appunto perché è una totalità ideale infinita. Il bene è l’infinito nella sua sostanza d’amore.
[9] Il male è l’assenza del bene, il nulla assoluto, in greco ouk on. Il male è solo un aspetto apparente del bene, poiché ciò che può essere pensato per opposizione al bene sostanzialmente non esiste, il male non è essere, ma negazione dell’essere
[10] In ebraico limite ghebul deriva da gava alto, altezza. Ciò ci fa comprendere che Dio è l’Altissimo, che nessuno è pari a Lui, chi sorpassa questo limite si vuole mettere al suo livello. Qui Dio vuole porre un limite alle potenzialità del male, per affermare che il nulla non ha consistenza senza la sua opera.    
[11]  Gli infiniti aspetti della sua sostanza sono i personificandi enti generati da Dio a diventare persona divina.
[12] Per la teologia ortodossa questa sostanza è la Sofia divina, il mondo divino, la vita di Dio nella sua natura.
[13] Il termine "persona" deriva dal latino persōnam derivato probabilmente dall’etrusco φersuna ritenuto un adattamento del greco πρόσωπον (prósōpon) dove indica il volto della sostanza individuale.
[14]La categoria spazio-tempo costituisce il banco di prova della libertà creaturale per giungere alla personificazione divina nell’eterno presente.