venerdì 29 agosto 2014

Gn 1,20-23

Commento esegetico

20Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. 22Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23E fu sera e fu mattina: quinto giorno.

Dio disse: Producano le acque in abbondanza esseri viventi
Il quinto giorno corrisponde al secondo: alla creazione del firmamento, che separa l’alto dal basso, il cielo dal mare, corrisponde l’opera di ornamento del cielo e del mare, cioè la creazione dei pesci e degli uccelli.
Come in Genesi 1,11 (dove della terra era scritto tadshe ha-‘aretz deshe), il testo originale usa anche qui un oggetto interno “pullulino le acque un pullulare” (yishrezu ha-mayim sherez). Le creature marine sono cioè descritte come effetto di un'azione dell'acqua. Sono le acque, l’ambiente acquatico, a modellare le creature dei fiumi, dei laghi e del mare; ed effettivamente questi organismi hanno sempre forme idrodinamiche. Dalle più piccole (come per esempio i batteri, o le diatomee) dalle più rudimentali (come le meduse), fino alle più intelligenti (come i cetacei), le creature del mare hanno tutte delle forme che esprimono la natura dell’acqua, come se derivassero dalle stesse leggi che determinano la dinamica dei fluidi. Come dice questo testo nell’originale, l'acqua del mare che prima seguiva solo le leggi della materia, ora pullula di “anima vivente” (nefesh chayah). Mentre prima era scritto che le acque sotto il cielo vengono tutte raccolte in uno stesso luogo, adesso questo pullulare dell’acqua le conferisce una sua vita autonoma, una vita che non obbedisce più soltanto alla legge di gravità, ma può muoversi anche contro questa legge.
Viene così inaugurato il regno animale. Mentre nel regno vegetale gli organismi si nutrono degli elementi e dell'energia a disposizione nell'ambiente, gli organismi animali devono andare in cerca di energia (cibo) e di un compagno per riprodursi. La vita del mare quindi non si basa sulle piante, ma piuttosto su una moltitudine di creature la maggior parte delle quali non sono visibili a occhio nudo. Le più piccole sono capaci di trasformare l'energia solare in zuccheri, come fanno i vegetali terrestri, ma anche queste sono vegetali solo sotto questo aspetto, perché da altri punti di vista sono praticamente degli animali, in grado di muoversi e anche di ingoiare altre creature più piccole. Così le creature marine, anche quando si fissano momentaneamente al suolo, possono tutte spostarsi, alcune muovendosi come minuscoli sommergibili, altre con possente eleganza.

e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo
Come il nuoto modella gli organismi acquatici, così il volo modella i volatili. Il testo usa questa volta un soggetto interno: ve'of yeofef letteralmente “e volatile voli” (‘of è un termine generico che copre tutte le creature dotate di ali, dagli insetti fino agli uccelli). Quindi non dentro lo spazio, che oggi sappiamo alquanto inospitale, ma sulla volta del cielo come appare da terra. La vita esprime il suo desiderio di tornare al cielo, spiccando il volo sotto forma di uccelli. Questa figura viene usata molte volte nella Bibbia. Scrive il profeta Isaia, che “quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano a volo come aquile” (Isaia 40,31). L’aquila non batte le ali, sta ferma e si fa portare dal vento, figura dello Spirito, che abbiamo visto aleggiare sopra le acque fin dal principio. Se desideriamo la luce e speriamo nel Signore, Dio non ci lascia languire ma ci tira su, dandoci nuove forze.

Dio creò i grandi animali acquatici
Riappare qui il verbo “creare” (bara’ “creò”), che era stato usato solo nel primo verso di questo primo capitolo, per riferirsi alla totalità dell'opera di Dio. Creare è infatti qualcosa che si riferisce alla completezza dell'opera. All'interno della creazione, a differenza delle piante, gli animali hanno una loro completezza e autonomia. Nell'enumerare le creature, il resoconto parte dalle più grandi, perché sono loro a godere della massima libertà di movimento. La parola che traduciamo “animali acquatici” (tanninim) è usata nella Bibbia per riferirsi a serpenti e coccodrilli, spesso identificati con le forze avverse del male. In Isaia 27,1 il termine tannim viene associato allo stesso Leviatano. La Bibbia usa qui decisamente un linguaggio mitologico per parlare della storia e del potere di Dio su di essa. Anche i mitologici mostri, dopo la luce, la luna, il sole, anche questi esseri spesso presentati come antagonisti delle divinità nelle lotte cosmiche, sono creature. Nel libro dei Salmi è scritto “Là viaggiano le navi e là nuota il Leviatano che hai creato perché vi si diverta” (Salmi, 104,26). Le creature sono libere di divertirsi e anche di fare il male per un certo tempo andando contro le leggi del loro stesso Creatore.

e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo
era buono.
Le acque fecero pullulare gli esseri viventi capaci di muoversi per conto proprio, ma
ciascuno pullulava secondo la propria specie. Come le piante prodotte dalla terra e anche più di loro, gli animali hanno un ordine da rispettare. Provengono da uno specifico seme e possono riprodursi solo con altri animali provenienti dallo stessa provenienza. La mescolanza esaurirebbe l’ordine e la differenziazione. Mantenendo chiaramente definiti i limiti della riproduzione, si possono invece produrre nuove differenze, nuove razze e con il tempo anche nuove specie, aumentando così la diversità del creato.

Dio li benedisse
Dio interviene esplicitamente con una «benedizione», dona cioè agli animali la capacità e la possibilità di trasmettere la vita e di conservarsi in esistenza. Con tale benedizione Dio viene proclamato unico autore della vita, garante e responsabile della conservazione del mondo. In ebraico il verbo “benedire”, barakh, usato qui per la prima volta, ha una radice vicina a quella del verbo “creare” (bara’). È anche la stessa radice con cui ci si riferisce al ginocchio e all’azione di inginocchiarsi. Il ginocchio è ciò che serve per muoversi speditamente, articolando il proprio movimento, ma può essere anche piegato, come si fa per osservare meglio qualcosa o per esprimere meraviglia e riconoscenza.  

Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari
La benedizione di Dio consiste in un vero e proprio ordine, in forma imperativa. L’ordine in ebraico suona: pru urvu u-mil'u. Letteralmente: “fruttate e diventate grandi e riempite”. Descrive il ciclo della vita animale, che comincia con l’ultima fase dello sviluppo vegetale, il frutto. Nel frutto è contenuto il seme, per questo dal frutto segue la moltiplicazione. A differenza dei vegetali, il cui seme è trasportato dal vento, dall'acqua o comunque da agenti esterni alla pianta, per gli animali la riproduzione richiede la partecipazione di due organismi almeno uno dei quali deve impegnarsi in un'attiva ricerca del partner. Da qui l'ordine di moltiplicarsi. In quanto a riempire le acque, anche questo è un effetto della ricerca che caratterizza la vita animale.

Commento spirituale

L'origine della vita animale dalle acque che sono sotto il cielo ci parla del rapporto tra ciò che è naturale e ciò che è spirituale. Le creature animali, innanzitutto quelle prodotte dall'acqua, simbolizzano l'anima naturale che deve venire alla luce. Gesù
ha usato questa metafora quando ha detto ai suoi discepoli che li avrebbe fatto diventare pescatori di uomini (Mt 4,18). Secondo la teoria evoluzionistica i primi animali sarebbero stati marini per poi trasformarsi in anfibi e divenire progressivamente terrestri, e anche gli uccelli tendono a diventare terrestri per potersi riprodurre. Si formano dei nidi, che sono le prime dimore terrene. Appena possono, gli animali fissano una dimora e un territorio da difendere per la propria riproduzione. Lo scrive Gesù, per annunciare di sé stesso, e di coloro che vogliono essere veramente uomini con lui, che non è questo il nostro destino: “... gli uccelli del cielo hanno dei nidi, ma il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo” (Matteo 8,20).
Inoltre, i pesci e gli uccelli non sono in grado di camminare; ciò indica che non c’è ancora pieno frutto.
Se il versetto non avesse aggiunto urbù, moltiplicatevi, ogni creatura avrebbe prodotto un solo discendente; moltiplicatevi aggiunge nascite multiple alla benedizione in modo che ogni singolo dia vita a molti (Rashì). La generazione dell’unico frutto a immagine del Figlio di Dio si moltiplica in tante nascite (portare un corpo dentro). Il parto unico diventa parto multiplo, affinchè la moltitudine di esseri viventi possa raggiungere l’Unigenito Essere Vivente. La fecondità, il frutto del Figlio viene dall’alto, viene dall’altro. Nella Bibbia la vita non si produce, ma è l’evento che accade tra Dio e l’uomo, è l’esperienza di comunione. Dio viene ad abitare nell’uomo,come il seme nella terra e l’uomo come la terra accoglie quel seme divino per farlo diventare frutto, figlio di Dio.

Commento decriptato

Decriptiamo alcune parole del testo di Gn 1,22

Li benedisse
Benedire in ebraico barak dentro i corpi i retti, la mano di Dio. Qui si deduce che gli  esseri viventi sono creati dalla mano di Dio secondo il suo progetto di rettitudine.
Siate fecondi
Siate fecondi in ebraico è portare frutto pru Il Verbo nel corpo è portato. Quindi il Verbo conduce ogni essere vivente a svilupparsi secondo il suo modello.

moltiplicatevi
Moltiplicatevi in ebraico rvu è siate molti, grandi, decriptato: i corpi dentro per essere lavorati,plasmati oppure rv il maestro con il bastone. Qui abbiamo la formazione dell'essere vivente che segue le indicazioni della madre, pensiamo alla gestazione del bimbo nel grembo della madre, e le istruzioni del padre che gli fa da maestro di vita. Indica la crescita di un essere vivente verso la sua maturità. Nella moltiplicazione, gli esseri viventi che hanno portato frutto, portano se stessi nella prole ad abitare lo spazio loro concesso da Dio. I loro corpi resh formano una propria famiglia bet secondo la loro specie.

Riempite la terra
Riempite umil': waw portati alla mil’ pienezza, oppure vivere mem la potenza  lamed dell'Unigenito alef

brulichino le acque di esseri viventi
brulichino sheretz: la luce dei corpi sale o scende, in riferimento allo spazio atmosferico del cielo. I volatili ‘of ain waw pe  (si percepisce il loro essere portati dal soffio, dal Verbo di Dio)
esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque,
Nelle acque  iniziano a brulicare sheretz esseri striscianti rameset (rettili, invertebrati) i corpi dei viventi che bruceranno alla fine oppure in positivo, i corpi dei viventi si illuminano nella scelta, nelle indicazioni (date da Dio).
Quinto giorno
chamishi  cham il calore dei viventi, della vita esistente sorgerà per stare negli uccelli e nei pesci, i primi esseri viventi che attraverso il calore della luce di Dio che è amore si moltiplicano. Qui abbiamo la manifestazione dell’uomo primordiale nel suo essere cielo shamaim fuoco e acqua, nella sua natura spirituale e materiale che si manifesta nei primi esseri viventi attraverso la generazione.






martedì 5 agosto 2014

Gn 1,14-19

 Commento esegetico

14Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni 15e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. 16E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. 17Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

Il quarto giorno vede il completamento dell’opera compiuta il primo giorno, la creazione degli astri è in stretta relazione con quella della luce. Ma l’autore sacerdotale non cita le due opere più splendide: il sole e la luna. Evita i loro nomi perché in tutte le culture vicine a Israele, il sole e la luna sono considerate divinità; per non correre rischi, o meglio, per non dare importanza a realtà idolatrate, non le chiama con il loro nome e adopera una parafrasi allusiva. Si tratta di un chiaro intento «demitizzante». Nei racconti tradizionali antichi sull’origine del mondo il sole, la luna e le stelle erano sempre elementi fondamentali e iniziali; nel poema biblico, invece, compaiono solo nella seconda fase, non viene attribuita loro particolare importanza e sono ridotti a meri strumenti. Il termine adoperato dall’autore me’orot  tradotto con luce, indica piuttosto la lampada, cioè il sostegno per un oggetto che emana luce: la traduzione migliore mi sembra «lampadario». Si tratta semplicemente di lampadari che Dio ha appeso al soffitto della terra, cioè sul firmamento. La funzione di questi lampadari è quella di creare separazione fra giorno e notte, servire da elementi indicatori per i cicli stagionali e liturgici e infine illuminare la terra. La mentalità dell’autore sacerdotale emerge di nuovo chiaramente: gli astri hanno un’importanza fondamentale per la costituzione del calendario religioso e questo ruolo risale a Dio stesso che con essi ha inteso organizzare il cosmo e il tempo.

siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni
'Oth, la parola che qui è tradotta con segno è anche una preposizione, che indica il
complemento oggetto ed è formata dalla prima e dall'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, alef e thav: una specie di segno dei segni. La troviamo già nel primo versetto della Bibbia usata come preposizione in contesti come questo, non ha un equivalente nelle nostre lingue. Indica semplicemente un oggetto e un'intenzione. Qui, usata come sostantivo, questa radice significa “segno”, in altri contesti indica le insegne militari, i monumenti e, soprattutto, i miracoli di Dio. Comunque sia, stiamo parlando di una comunicazione destinata a qualcuno. La luce è luce per qualcuno che la vede, e anche le luci nel cielo hanno lo scopo di essere viste da qualcuno e servire da indicazione del tempo che passa. Gli astri, grazie alla regolarità del loro movimento, sono un punto di riferimento per avere una misura del tempo. Ma per capire il movimento e per misurare il tempo occorre in qualche modo esserne fuori. Dall'eternità il Signore ha disposto i cieli perché fossero contemplati da qualcuno in grado di contare, cioè di mettersi fuori dal tempo. Non è ancora il momento di creare l’uomo, ma è in vista dell’uomo che ogni cosa è stata creata.

E così avvenne
In ebraico khen si usa per dire “sì”. Viene da una radice che significa stabilire, mettere a punto. Quasi dalla stessa radice procede anche la parola con cui la Bibbia si riferisce ai sacerdoti (khohanym). Il cosmo è un immenso orologio messo a punto per battere non solo le ore, ma i mesi, gli anni e le epoche. Perché qualcuno possa chiedere: “Insegnaci a contar bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio” (Salmi, 90:12). In tutte le culture, e in particolare in Israele, il conto del tempo era compito dei sacerdoti, che contavano i giorni, i mesi e gli anni perché fossero celebrate le feste e si conservasse memoria delle cose avvenute. Perché le cose passano, ma grazie al conto del tempo si conserva memoria delle cose avvenute e questa memoria diventa un’istruzione per il futuro.

E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. 
Il verbo tradotto con il nostro “governare o presiedere” (mashal) ha la stessa radice delle parole che traduciamo con esempio e con proverbio ed è all’origine della parola che, dal greco del Nuovo Testamento, abbiamo traslitterato con il termine evangelico parabola. Il senso di questo presiedere è di governare con l’esempio, cioè con quello che si è. Un’autorità che viene dalla propria qualità.

Commento decriptato

E’ questa la tappa in cui l'uomo allarga la visuale e fa un salto di spiritualità passando dall'io-Dio all'io-tu-Dio, sia che si guardi questa pagina sotto l’aspetto della crescita spirituale d’un uomo formato, sia dello sviluppo fisico-eticospirituale d’un uomo uscito della protezione del materna e dell’infanzia che inizia una vita di relazione per arrivare alla maturità con l’aiuto d’intermediari. Dio vi provvede con “luci nel firmamento del cielo…per regolare il giorno…per regolare la notte”, che però non sono chiamati sole e luna. Nella descrizione del giorno 2° si concluse che il firmamento o cielo non è fisico, ma interfaccia tra lo Spirito di Dio e la sfera dell'uomo. Questo cielo è disposto per la rivelazione in quanto si può considerare l'uomo un mondo con atmosfera di spessore pari alla crescita della sua spiritualità. Là c’è tutto ciò che conosce ed ha acquisito da Dio; Dio è la madre, la vita e l’acqua di sopra e l’uomo è il bimbo, la vita e l’acqua di sotto.
L'uomo non può contenere Dio che sta all'esterno delle suo cielo, per lasciarlo libero, ma è in tale seno che è da entrare per rinascere cioè per “essere”. Ciò che l’uomo non conosce di Lui è oltre il firmamento, contatto tra noto e ignoto, ma Dio da quel Cielo soffia lo Spirito a intermediari da Lui preposti per far crescere lo spirito dell’uomo fino alla dimensione che accetta d’acquisire; infatti, dove sta Dio? Disse un rabbino: dove lo si lascia entrare!
Tali luminari posti all'interfaccia, appunto il firmamento, ricevono energia da Dio
e possono essere recepiti dall'uomo, perché solo ciò che è sotto il firmamento spirituale è recepibile dall'uomo. Se ne ricava che i grandi luminari e le stelle non sono astri, ma un’allegoria, terminali attraverso cui l’uomo può rapportarsi con lo Spirito di Dio che così può invadere lo spirito dell'uomo: “metterò dentro di voi il mio Spirito.” (Ez. 36,27). Questi terminali sono necessari finché l'uomo è portato nella crescita spirituale a livello tale (7° cielo) che l'interfaccia sia eliminabile ed il colloquio possa continuare senza intermediari, faccia a faccia come un uomo parla ad un uomo: “Poiché di lui stirpe noi siamo” (Att.17,28b) e "I suoi servi l’adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte.” (Ap.22,3b-4) Lo scrittore ispirato del Gen 1 aveva la sua luna, l'Assemblea Madre ed il suo sole, la Torah, in quanto nel parallelo con l’Esodo questo giorno si può vedere proprio come quello della consegna della Torah a Mosè.
E le stelle ? I profeti, i sacerdoti i dei fratelli nella fede. In definitiva, Dio, nel 4° giorno dà segni efficaci all'uomo con la capacità di seguirli; cioè nella libertà dona precetti e l'obbedienza. Nella parabola della nascita d’un uomo nuovo nel 3° giorno è terminata la creazione della “terra” che è separata dalle acque del parto dalla madre; è creato il terrestre, l’asciutto, cioè l'hardware dell'uomo nuovo. L’uomo ora potenzialmente ha tutto, ma quel che sarà dipende da ciò che gli si dà per coltivarlo, dall'educazione in senso lato; cioè per lo sviluppo armonico è da ben impostare il programma, il software definito cielo, ciò che è al disopra della sua terra ed è la sua sfera estetico, razionale, etico, sociale e spirituale. L’autore indica che i veri astri - sole, luna e stelle - dell’Ebreo sono la luce di Dio che promana essenzialmente dal Suo candelabro a sette braccia o menorà; vale a dire nell’assemblea dei fratelli. Il punto focale della creazione, è appunto il 4° giorno che è il mediano dei sette giorni e corrisponde alla luce centrale della menorah. Queste luci di cui si parla nel 4° giorno servono: per illuminare la terra - cioè nel nostro parallelo, Adamo; per regolare giorno e notte, cioè per le ore di preghiera; per le stagioni, per i giorni e per gli anni, ossia per le feste e per i giubilei; per separare la luce dalle tenebre, ciò che è secondo Dio da ciò che non lo è.
Nella descrizione di questo giorno abbiamo considerato che non sono nominati il sole e la luna che normalmente si considerano creati in questa tappa. Adamo poi darà il nome agli animali, ma non agli astri e da parte di Dio questo sarebbe stato il momento giusto per chiamarli sole e luna, ma non avviene. Gli unici astri veramente nominati sono le stelle, ma è da pensare alla giustizia e ai giusti: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada.”(Is 62,1), infatti stella è kokab e da una lettura con le lettere s’ottiene: “arde כ ו ה)כ ו ) la rettitudine כ dentro ב”; cioè, attraverso loro si vede un bagliore della rettitudine di Dio e le stelle sono kokabim: “arde כ ו ה) כ ו ) la rettitudine כ dentro ב che vi sta י a vivere .“ם. Nessuna parola nel Genesi è scritta a caso, ed è importante andare a cercare quando la parola “stelle” è in questo rinominata il che si verifica proprio con le parole sole e la luna quando Giuseppe racconta il sogno: “Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me. Lo narrò quindi al padre e ai fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io e tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te ?” (Gen 37,9s) E’ chiaro che lì il sole è il padre, la luna è la madre e le stelle i fratelli (di sangue e/o della comunità) in linea con quanto si va dicendo e si può allargare. Per i cristiani Gesù, il Cristo incarnato, storicamente nel cammino di salvezza è ritenuto il sole, luce parallela a quella del 1° giorno (uguale e consustanziale al Padre) preesistente alla creazione, visibile fisicamente dall’uomo nella sua 4° tappa spirituale, con gli occhi della fede formatasi nei primi tre giorni. Cristo è proprio il sole: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12) e “La città (nuova Gerusalemme) non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’agnello.” (Ap 21,23) La luna nel parallelo è Maria, la Chiesa, illuminata da Cristo - sole: ”Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi …” (Ap12,1b), l'Assemblea dei fratelli che guida e aiuta quando nella notte gli occhi non vedono la luce grande e stelle? Santi, i veri cristiani, le stelle “…e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap12,1b), cioè i 12 apostoli, quindi il magistero.
La decriptazione di  stella Caf  waw (H) caf bet  è “Arde per la rettitudine dentro”. Inoltre, il termine ebraico kokhab, “stella” è molto bello e denso di significato; le lettere che lo formano, infatti, ci svelano l'immensità della presenza che questi elementi celesti portano in sé. Troviamo due caf, che significano "mano" e che racchiudono in sé una waw, cioè l'uomo, inteso nella sua struttura vitale, nella sua colonna vertebrale, che lo mantiene in posizione eretta, che lo fa salire verso il cielo, verso il contatto col suo Dio e Creatore. Dunque, dentro le stelle, appaiono due mani, caf e caf, che stringono in sé, con amore, l'uomo: sono le mani di Dio, che mai cessano di sostenerci, solo che noi ci affidiamo ad esse. Infine compare la lettera bet, che è la casa. Le stelle ci parlano, allora, del nostro viaggio verso la casa del Padre, del nostro continuo migrare e ritornare là, da dove siamo venuti, fin dal giorno della nostra creazione, ma già fin da sempre.
Quarto giorno:  (in questo giorno l’uomo spirituale si manifesta in modo universale)
rebi(ain)i  il corpo che abita nell’esistenza ad agire sarà o il Maestro sarà visto esistere (in riferimento all’unigenito figlio di Dio sole di giustizia).  Il sole la luna e le stelle sono i corpi astrali che prefigurano l’archetipo dell’Uomo-divino.