mercoledì 22 ottobre 2014

Commento decriptato[1]

Bestie selvatiche

Nel paragone con l’Esodo, siamo ai 40 anni nel deserto dopo la consegna della Torah ove si ha la trasformazione della “gran massa di gente promiscua” a popolo di Dio, perché in questo giorno sono disponibili tutte le grazie necessarie per l'ulteriore tappa per questo “uomo” passato ad espandere l’io (albero) ad istinti più raffinati, a cure parentali (animali), ad un amore terreno e sociale ordinato (uomo), ad una relazione fraterna (agape) nella comunità.

E' così creata anche la dimensione orizzontale stante che ”Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò.” (Gen 1,26s) Immagine צ ל ם è usata tre volte, che con i segni dice: ”scese צ del Potente ל la vita ם” - e - ”vien su צ del Potente ל la vita ם”; cioè diede vita e potere di darla, e c’è pure profezia d’incarnazione, ”verrà giù צ il Potente ל a vivervi ם” e per tre volte è unita alla preposizione ב, cioè immagine per qualità intime ed indelebili dell’uomo, ma almeno una volta ב צ ל ם si può leggere anche: “dal fango ב צ guizzò ל la vita ם.“(A spiegazione della parola immagine c’è come una figura che si specchia nell’acqua, profezia d’una somiglianza fisica: sale צ guizzante ל dall’acqua ם
Somiglianza, invece, è usata una sola volta ד מ ו ת con la preposizione ,כ “come a modo“, quindi con comportamento da Dio e decriptata due volte di seguito dà: il sangue ד מ portato ו dal Crocifisso ת bloccherà ד la morte .מ ו ת L’idea è che Dio ha creato l’uomo una volta per tutte, perciò;
-non può morire, perché la morte per Dio non esiste;
-lo stato della morte non è la risposta definitiva sul destino dell’uomo.

 La volontà del Signore, in effetti, è raggiungere la comunità degli uomini nuovi - la sua diletta - e le prepara un giardino; così inizia il racconto del Cap.2 del giardino terrestre, segno d’un tempo mitico, come poteva essere per un Ebreo in esilio, quello del Regno di Davide e di Salomone. Il Signore crea un aiuto che gli sia simile per pascolare il gregge, per lavorare nella vigna, la comunità dei fedeli che per i cristiani in questo contesto è la
Chiesa; “Il suo diletto era sceso nel suo giardino tra le aiuole del balsamo a pascolare il gregge nei giardini e a cogliere gigli. Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me, egli pascola il gregge tra i gigli.” (Ct 6,2.3) La buona terra è la terra rossa arata e bagnata dall’acqua di Dio, lo Spirito Santo, è diventata Uomo; Terra lavorata in ebraico è adamàh א ד מ ה e Adamo םda è il nome con cui è chiamato nella parabola nel Cap.2 della Genesi. Adam μ א ד vuol dire rosso e dam μ ד, in ebraico è sangue; questo è un nome comune non, un nome personale, è il prototipo dell’umanità. Tra l’altro la parola Adamo = Adam =   può separarsi in   = A = Uno = Unico e dam =   =  ( ) = "essere simile", quindi all’Uno simile.)


Dominare

In quei versetti la Genesi per il "dominare" usa il verbo ebraico redah ossia signoreggiare, vale a dire essere al disopra, ma non c'è la parola morte o morire il cui concetto apparirà per connesso all'albero della conoscenza del bene e del male e poi in bocca al serpente nel racconto di Genesi 3.
Tra l'altro le lettere di signoreggiare 
redah suggeriscono un pensiero ecologista totalizzante: lui, l'uomo, deve essere "la testa resh che li aiuterà dalet nel mondo he".Il cibarsi e il dominare, così, non comportava morire od uccidere chicchessia.Esclude per l'uomo il mangiare animali e per gli animali il mangiare altri animali.



Maschio e femmina li creò
Maschio zakar e femmina neqebà non uomo e donna, ma entrambi uomo (come essere umano); vale a dire che il progetto di Dio è lo stesso ed il sesso è un accidente non fondamentale, ma contingente all’esistenza (tanto che la tradizione ebraica pensa che Adamo, prima d’essere separato da Eva, fosse un essere androgino).
zacar, è anche con le stesse lettere "memoria", radicale di "ricordare":
  • "colpisce zain il vaso kaf della mente/testa resh", il ricordare;
  • "ha un arma  zain  sul liscio kaf  corpo resh ", ne indica il sesso;
  • "colpire zain  l’agnello kar", funzione sacerdotale;
  • "colpito zain  agnello kar", l’agnello pasquale, maschio, nato nell’anno da sacrificare.
neqebà, dal radicale nqb forare, "la forata":
  • "l’energia nun rovescia qof  da dentro  bet fuori he", che descrive il fatto che è forata;
  • "essere nqh puro da dentro bet uscito he, c’è l’idea che esce dal puro corpo d’Adamo;
  • "energia nun nel ventre qva riguarda la capacità di figliare;
  • "angelo nun nel ventre , idea d’accoppiamenti impuri col demonio (che ci sono nella tradizione ebraica).

  • ‘ish, uomo, "dall’Unico alef  è jod acceso shin", "dell’Unico è luce". ("Voi siete la luce del mondo" Mat. 5,14)

  • Ishà donna, esh fuoco he entra, Unica alef luce o fuoco shin nel mondo he


  • Scrivendo "donna e l'uomo" ishà veish e leggendo da sinistra a destra si trovano 2 fuochi  e in mezzo Yahwèh "il fuoco che non si consuma", la coppia perfetta è coesa e il suo cemento è Dio, perché c'è amore reciproco.
Sesto giorno: hashshi  (si manifesta l’uomo come lo conosciamo) escono i due fuochi nell’esistenza, nel mondo le due luci staranno in riferimento al maschio e alla femmina che uniti formano un unico essere. Potremmo parafrasare esci luce della mia luce ad esistere.




[1] http://www.bibbiaweb.net/articoli.htm

sabato 18 ottobre 2014

Gn 1,24-31

Commento esegetico

24Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. 25Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona.
26Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
27E Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò: 
maschio e femmina li creò. 
28Dio li benedisse e Dio disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
29Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. 30A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Dio disse: La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie
Dopo il pullulare di vita animale prodotto dalle acque sotto il cielo, è ora la volta della terra. Non si tratta in questo caso di un pullulare, bensì di un “far uscire”, con lo stesso verbo usato prima (Gn 1,12) per descrivere la produzione, sempre da parte della terra, della vegetazione. Come gli animali acquatici sono il prodotto dell'ambiente nel quale devono vivere e mostrano nelle loro forme le proprietà dell'acqua, così anche quelli terrestri sono fatti in modo da muoversi sulla terra. Riappaiono così e si perfezionano le zampe articolate in ginocchia e caviglie che avevano fatto la loro comparsa in alcuni animali marini e negli uccelli.
La parola bestiame – che in italiano fa forse troppo pensare agli animali domestici – può essere meglio tradotta con un generico quadrupedi. Il termine originale (behemah) è usato altrove per indicare bestie selvatiche anche violente. Al plurale, lo stesso nome (behemoth, a volte tradotto “ippopotamo”) appare nel capitolo 40 del libro di Giobbe – dove si parla anche del Leviatano, a volte reso con “coccodrillo”, per riferirsi a una creatura la cui forza l'uomo da solo non può domare. Detto per inciso, la coppia leviathan/behemoth ritorna nello stesso ordine alla fine della Bibbia, nel capitolo 13 dell'Apocalisse, come “bestia che esce dal mare”/“bestia che esce dalla terra”. Il termine ebraico tradotto con rettili (remes) si riferisce invece al senso etimologico della parola (dal verbo latino repo che significa strisciare) e comprende in generale tutti gli animali che si muovono senza staccarsi visibilmente dal suolo (come verbo, remes è usato anche per riferirsi ad animali marini forse a quelli che strisciano sul fondo).

E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona
La nascita di nuove specie per differenziazione dalle specie progenitrici non è in contrasto con l’insegnamento della Bibbia, anzi tutt'altro. La Scrittura infatti ci dice che tutte le specie degli animali che vivono sulla terra (e che oggi non si possono nemmeno contare con precisione) si devono essere differenziate da un numero finito di coppie, dopo che il diluvio, non moltissime migliaia di anni fa, ha spazzato via tutti gli animali terricoli che non sono entrati nell'arca assieme a Noè e alla sua famiglia. In questo verso l'ordine delle classi di animali enumerate non sembra essere l'ordine cronologico della loro comparsa, ma, ancora una volta, piuttosto quello tipologico della loro differenziazione: vengono infatti indicati prima tutti gli animali della terra (l'aggettivo selvatici è una cortese aggiunta dei nostri traduttori, l'originale dice soltanto chayiat-ha-arez, “gli animali della terra”), per precisare poi che ci si riferisce sia a quelli che avanzano su zampe ben visibili, sia a quelli che invece strisciano più vicini al suolo.

Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine
La parola ebraica qui tradotta con “immagine” è tselem. La radice di questa parola, che nell’ebraico moderno si usa per riferirsi alla fotografia, contiene il senso di “ombra” (tzel) e fa pensare a un calco, un’impronta. Qualcosa attraverso cui Dio, che non può essere visto, si rende in qualche modo visibile. L'apostolo Paolo scrive che il figlio di Dio è “l'immagine del Dio invisibile” (Colossesi 1,15). L’uomo è stato creato a immagine di Dio e, come Dio, parla e può dare alla parola l’importanza che le spetta. Almeno questa è la sua chiamata. Di fatto, è l'unico animale capace di raccontare la sua storia. Può usare il suo corpo per combattere e per sedurre, come fanno anche gli altri animali, ma può usarlo anche per dire la verità, cosa che gli altri animali non possono fare.

secondo la nostra somiglianza
Nel termine ebraico (d'muth) è contenuta la radice della parola sangue. Si tratta quindi di una somiglianza profonda, come quella che ci può essere solo tra un genitore e la sua discendenza. Anche del terzo figlio di Adamo, Set, è scritto che Adamo lo generò “a sua somiglianza” (Genesi 5,3). Come il frutto esprime la natura dell'albero, così il figlio esprime la natura del padre.
Pur essendo il figlio diletto del Padre celeste, Gesù preferiva comunque chiamare se stesso “il figlio dell'uomo” (o uios tou anthropou, espressione che corrisponde all'ebraico ben adam). In realtà, in Cristo i due attributi vengono a coincidere. In effetti, la genealogia di Gesù contenuta nel vangelo di Luca conclude dichiarandolo contemporaneamente figlio di Adamo e di Dio (Lc  3,38).
La più profonda somiglianza dell’uomo con Dio sta in questa vocazione alla paternità, che vediamo chiaramente espressa nel popolo di Israele. Anche da un punto di vista etologico, l’uomo è l’unico animale in cui il rapporto di padre e figlio si conserva lungo le generazioni.
Il Signore sottolinea la continuità tra le generazioni garantita dal rapporto tra padre, figlio e nipote, dicendo: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d'Abramo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe” (Esodo  3,6).

dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra
Forse perché chi sta in alto domina chi sta più in basso, “avere dominio” in ebraico si dice con lo stesso verbo che si usa per descrivere l'azione di “discendere”. La discesa dell’uomo dagli altri animali sostenuta dalle teorie evoluzioniste viene anticipatamente rovesciata dalla discesa dell’uomo sugli altri animali annunciata dalla parola di Dio. Nella creazione l’uomo arriva per ultimo, ma nel disegno di Dio è in realtà stato formato per primo, quando ancora non c’erano neanche le piante (Gn  2,5-7).  Come Dio domina l'intero universo, così all'uomo è dato di dominare sugli altri animali. Se consideriamo la maestosa potenza degli elefanti o delle balene, la forza delle tigri, dei cobra o degli squali, l’agilità delle scimmie, la capacità di librarsi in alto delle aquile o anche solo delle rondini, la laboriosità delle api o delle formiche, possiamo anche dubitare di questo dominio. Ma il dominio sugli animali ha un significa innanzitutto spirituale. Si riferisce al dominio dell’uomo spirituale su quello naturale. È all’uomo spirituale che è dato di giudicare ogni cosa (1Cor 2,15). Gli animali vedono, sentono, nuotano, si arrampicano, corrono molto meglio di noi, per non parlare del fatto che alcuni di loro possono anche volare. Queste cose però non li rendono superiori all'uomo, proprio perché non sono il corpo o l’anima ad essere destinati a dominare sullo spirito, ma viceversa, perché ci sia ordine e vita è lo spirito che deve avere il controllo. È l’amore per la verità di Dio che rende l’uomo superiore agli altri animali e questo amore è solo lo spirito che lo può sentire.  “L'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché queste cose sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente” (1Cor 2,14).  “Dio ci ha predestinati a essere secondo la sua immagine, ci ha cioè preposto dei limiti (questo è il significato del verbo greco tradotto con le voci di predestinare: pro-orizein un verbo che ha la stessa radice contenuta nella parola orizzonte). Per indirizzare un cammino è necessario fissare dei limiti. Dio ha preparato una via stretta, ma aperta    perché fossimo formati e raggiungessimo “l'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, [arrivando] allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo” (Ef 4,13). Questa via può essere percorsa in un verso o nell'altro: nella direzione di una maggiore comodità, autonomia, libertà d'azione per fare quello che più ci piace, oppure affrontando le difficoltà con le quali veniamo modellati verso la somiglianza con Dio in Cristo. Per essere a immagine e somiglianza di Dio e dominare sul resto del creato, dobbiamo innanzitutto esercitare dominio e autorità su noi stessi, evitando di fare quello che la nostra carne ci porta naturalmente a fare.

Dio creò l'uomo a sua immagine
La creazione si ferma all’immagine, la somiglianza verrà con il compimento dell’opera di formazione dell’uomo, di cui ci parla tutto il resto della Bibbia, la cui narrazione comincia con il secondo capitolo della Genesi e si conclude con l'Apocalisse. A formare l’uomo è sempre lo stesso Dio (Elohyim) che lo ha creato,ma per la formazione dell’uomo la Bibbia ci presenta Dio come YHWH, “Colui che è” viene rivelato solo a Mosè, dopo la formazione del popolo di Israele attraverso il quale Dio ha scelto di rivelarsi agli uomini in Cristo Gesù.  
Siamo stati creati a immagine di Dio, abbiamo cioè la possibilità di assomigliargli. Possiamo però anche allontanarci dal nostro modello. In altre parole, Dio ci ha creato a sua immagine, ma poi sta a noi impegnarci attivamente nel lasciarci formare a sua somiglianza. Per questo Dio si presenta al suo popolo come “il Signore, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele!”. Giacobbe è il nome che aveva Israele prima del suo incontro e della sua lotta con Dio. Attraverso le varie difficoltà della loro vita (in ebraico, il verbo “formare”– ietzer - contiene la stessa radice di “strettoia” – tzar – e “difficoltà” - tzarah), gli uomini che cercano Dio, se perseverano nella fede, vengono anche
formati a somiglianza di Dio. Ma tutto questo richiede un lungo processo. Dobbiamo quindi scegliere noi qual è la parte che ci interessa. Possiamo chiedere al cielo che nella nostra terra venga il suo regno e sia fatta la sua volontà (Mt 6,9). Ma possiamo anche rivolgere il nostro sguardo alle cose che sono sulla terra e trascurare il cielo.

lo creò a immagine di Dio, li creò maschio e femmina.
Adam la parola ebraica che traduciamo con uomo, si riferisce, come per altro il greco anthropos, all’uomo come specie, comprendendo cioè sia il maschio che la femmina. Anche la maggior parte degli altri animali, per riprodursi, sono stati creati maschio e femmina. Per l'uomo però questa specificazione ha un valore aggiuntivo, perché è espressamente collegata al fatto di essere stati creati a immagine di Dio. Prima di dire che Dio creò gli uomini, maschio e femmina (zakhar u-nekevah) è riaffermato per la seconda volta che Dio creò l'uomo a sua immagine. Il fatto che fossero maschi e femmina assume quindi un senso profondo, che l'ebraico ci aiuta a cogliere: il termine originale per “maschio” (zakhar) ha infatti la stessa radice della parola che significa “ricordo” (zikhron). La parola per “femmina” ha invece la radice di “incidere, trafiggere, bucare” (naqav). Se ci riflettiamo, vediamo che queste parole, più che a delle differenze anatomiche, si riferiscono a due aspetti fondamentali della natura umana, perché sono due fondamentali aspetti anche di quella divina. Il ricordo ha a che fare con la coscienza. Ci ricordiamo le cose di cui ci siamo accorti. Di fatto solo le azioni che compiamo coscientemente sono azioni in senso proprio e possono entrare nel ricordo di quello che è stato fatto dal soggetto che le ha compiute o di coloro che le hanno riconosciute e attribuite ad altri soggetti. Ma il ricordo ha anche a che fare con l'insensibilità, perché deve essere in qualche modo impermeabile alla sensazione, che normalmente lo cancella. Per ricordare bisogna non lasciarsi travolgere dalle sensazioni e dalle emozioni del presente. La forza dell'uomo sta nella sua fedeltà a Dio e nella capacità cioè di astrarsi da ciò che si vede e si sente per guardare a ciò che è eterno e non può essere visto. La nostra sensibilità è ciò che ci rende deboli, ma è d’altra parte anche ciò che ci rende capaci di riconoscere la debolezza degli altri e di averne compassione. Se non è accompagnata dalla compassione, anche la fedeltà a Dio può portarci lontano dalla verità e dalla volontà del nostro Creatore. Forza e sensibilità si incontrano in Cristo, e devono incontrarsi anche nei cristiani. “Anche voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato. Onoratele, poiché anch'esse sono eredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite” (1Pt 3,7).
La capacità di resistere alle distrazioni si deve quindi accompagnare nel cristiano al rispetto per la fragilità e alla compassione per la sofferenza altrui, perché questo è l’esempio che abbiamo ricevuto in Cristo. Colui che è stato chiamato “il leone della tribù di Giuda” è anche “l'agnello che è stato immolato” (Ap 5.12), l’uomo indifeso ed esposto al ludibrio della gente, il cui costato è stato forato (Gv 19,34-37).

Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra,
Mentre nel quinto giorno l'ordine era impartito a moltissime specie di diverse classi di animali, qui Dio sta parlando alla sola specie uomo. Il mare non poteva essere assoggettato, perché rimane per la massima parte immerso nelle tenebre. La terra invece è la parte della crosta terrestre che è venuta alla luce ed è lì che l'ordine di Dio può, e quindi deve, regnare incontrastato (abbiamo già visto che nella nuova terra il mare non ci sarà più, (Ap. 21,1).

dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra
Dio ci ha dato di dominare sulle bestie che vengono dal mare e su quelle che vengono dalla terra. Anche su quelle che verranno per dominare il mondo. Per un tempo a queste bestie sarà dato di fare guerra ai santi e anche di vincerli (Ap 13,7), ma il sangue dell’Agnello e la parola della testimonianza avranno alla fine il sopravvento:“Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male” (Lc 10,19).  

A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. E così avvenne. 
Il terzo giorno Dio aveva già preparato il cibo per l’uomo. Prima dell’uomo, se ne erano nutriti gli uccelli del cielo e gli animali della terra, ma l’ultimo destinatario, il primo pensiero di Dio, era in realtà l’uomo. Come abbiamo osservato a proposito di Genesi 1,11, questi semi e questo frutto sono l’aspetto sensibile della parola e dell’amore di Dio. La Bibbia ci dice infatti espressamente “che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto, (Mt 4,4).

Originariamente, quindi, gli animali della terra non sono stati creati per mangiarsi gli uni gli altri, come invece devono fare quelli che vivono in mare. Dopo la cacciata dell’uomo dall’Eden e sicuramente dopo il diluvio sono cambiate le abitudini alimentari di molti animali, e anche le nostre. Ma anche oggi, sulla terra, tutta la vita si basa sui vegetali. Certamente lo stesso accade anche in mare, dove però i vegetali sono per lo più microscopici e praticamente tutta la macrofauna è carnivora, mentre in terra gli animali più potenti, come il bufalo e gli elefanti, sono tuttora erbivori. Secondo quello che ci rivela il profeta Isaia, le cose torneranno a cambiare. “Il lupo abiterà con l'agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. La vacca pascolerà con l'orsa, i loro piccoli si sdraieranno assieme, e il leone mangerà il foraggio come il bue” (Is 11,6-7). Nella nuova creazione torneremo tutti a nutrirci del frutto dell’albero della vita, che è la conoscenza di Dio.

Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono.
Mentre tutto quello che era stato fatto fino ad allora era ripetutamente stato dichiarato “buono” (tov), dopo aver creato l'uomo Dio vede ciò che ha fatto e lo dichiara “molto buono” (tov me'od). Un apprezzamento che non deve rimanere in una sola direzione, perché Dio ha stabilito che l’uomo ricambierà questo suo superlativo. “Tu amerai dunque il Signore, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze”(Dt  6,5).Con tutte le tue forze traduce infatti l’ebraico me'odekha, che letteralmente significa “con il tuo molto”. Rispondendo all'amore di Dio l'uomo entra nella luce della sua presenza.  

Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
Questa è la sesta e definitiva vittoria della luce sulle tenebre. Con l’uomo la creazione può essere compiuta e le tenebre possono definitivamente sparire. L’immagine e la piena somiglianza con Dio sono compiute in Cristo. Per questo Paolo lo chiama “ultimo Adamo”.Ci troviamo insomma ancora dentro il sesto giorno, il giorno dell’uomo. Per molti versi il numero sei è un numero collegato all’uomo e descrive la sua situazione e le possibilità del suo destino, della scelta, cioè, che l'uomo deve compiere ogni giorno della sua vita tra il naturale e lo spirituale, tra l’animale e il divino. Seicentosessantasei è chiamato “numero d’uomo” (Ap 13,18), ma è anche e innanzitutto “il numero della bestia”. Quando l’uomo, rifiutando il consiglio di Dio, che ha detto che “per l’uomo non è bene stare da solo” e “si oppone a tutto ciò che è bene” perde l’ospitalità e la gentilezza che lo rendono uomo e si trasforma in una bestia. Il numero 666 tra le altre cose esprime anche la gerarchia dell’esercito, dove l’uomo, da solo, si mette a capo di decine e centinaia, per formare una macchina per la guerra: per uccidere, rubare e distruggere come il Nemico di cui si rende così efficace strumento. Quando l’uomo invece accetta il consiglio di Dio e si moltiplica per due, il sei diventa dodici, quante erano le tribù di Israele, e anche i primi apostoli della Chiesa. Anche nella Gerusalemme celeste, attorno al trono di Dio, siedono ventiquattro anziani (Ap 4,4) e il numero dei servi di Dio in cielo - centoquarantaquattromila - contiene il quadrato di dodici moltiplicato per mille.


Commento patristico

 Efrem
 A nostra immagine   E’ chiamato immagine perché è la sintesi del mondo, e in lui si racchiude e si riunisce tutta la creazione degli esseri spirituali e corporei. A nostra somiglianza  Per quel potere che Adamo aveva ricevuto sulla terra e su tutto ciò che è in essa, egli era somiglianza di Dio, che ha potere sulle cose che sono in alto e su quelle che sono in basso.
Filone di Alessandria

Nella scuola alessandrina, l’antropologia si sviluppò anzitutto sulla linea di Filone: l’immagine di Dio non ha niente a che vedere con il corpo, ma, in quanto immagine del Logos non incarnato, dimora nella realtà più alta dell’uomo, nella sua anima intellettuale o nel suo spirito, nel quale risiede la vera umanità dell’uomo. Quest’uomo spirituale, tuttavia, esiste concretamente sotto forma di uomo terrestre, e deve cercare di liberarsi con l’ascesi dai limiti che questa esistenza gli impone, per arrivare alla «somiglianza» di Dio. Cristo, nel quale si attuano tanto l’immagine quanto la somiglianza, è modello e maestro dei cristiani, e mostra loro la via da prendere per ritrovare questa somiglianza. Nella sua dottrina di una creazione eterna, Origene riprende l’idea di una doppia creazione. Per lui, Gen 1,26 riguarda la creazione dell’uomo originario, del vero uomo che bisogna ridiventare, mentre Gen 2,7 riguarda l’uomo caduto, il noûs vestito di tuniche di pelle. Per Atanasio, l’uomo è ad immagine del Logos in quanto essere razionale; ed è il Logos incarnato che permette all’uomo caduto di ritrovare la sua vera relazione con lui e dunque il suo carattere d’immagine.

Origene

 A immagine di Dio lo fece   Quell’uomo che è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio è il nostro uomo interiore, invisibile e incorporeo, incorrotto e immortale.
Gregorio di Nissa
“maschio e femmina lì creò” Se tra gli angeli non ci sono nozze, pure essi si riproducono in qualche modo, perché sono migliaia e migliaia, come riferisce Daniele nelle sue visioni (Dan 7,10). Così, neanche noi avremmo avuto bisogno di nozze per moltiplicarci, se a motivo del peccato non ci fosse capitata una certa deformazione o allontanamento dalla condizione in cui eravamo simili agli angeli, per moltiplicarci ci sarebbe stato lo stesso modo – incomprensibile, ma reale – per noi che siamo “poco meno degli angeli” (Sal 8,6).

Ireneo di Lione
Ireneo mette l’immagine di Dio nella condizione carnale, mentre la somiglianza si rivela quando l’uomo vive orientato verso Dio, nello Spirito. Questa somiglianza è stata persa a causa della caduta, che ha distrutto la comunione dell’uomo con Dio e così ha introdotto la morte. Essa tuttavia può essere ritrovata in Cristo, vera immagine e somiglianza di Dio, per ora nell’adozione filiale, e poi più completamente nella risurrezione: l’incarnazione non si limita a far ritornare l’uomo allo stato originario, ma fa diventare figli di Dio ed avvicina sempre più alla statura del Figlio.

Giovanni Crisostomo
Dio creò gli uomini Dopo che tutto l'universo fu creato e tutto fu approntato per il nostro riposo ed il nostro uso, Dio formò l'uomo, per il quale aveva creato il mondo. L'uomo, una volta formato, rimase nel paradiso: del matrimonio non si faceva parola. Aveva bisogno di un aiuto; l'aiuto gli venne, e neanche allora il matrimonio sembrava necessario. Non s'intravedeva neppure: essi vivevano ignorandolo, soggiornando nel paradiso come in cielo e rallegrandosi della familiarità con Dio. Il desiderio di unione, il concepimento, i dolori del parto, le generazioni e qualsiasi tipo di corruzione erano banditi dalla loro anima. Simili ad un corso d'acqua trasparente che sgorga da una fonte pura, se ne stavano in quel luogo adorni della verginità.
Un'infinità di angeli serve Dio, migliaia e migliaia di arcangeli gli sono vicini, e nessuno di loro è nato dalla generazione, dal parto, dai dolori e dal concepimento. Non avrebbe dunque potuto Dio, a maggior ragione, creare gli uomini prescindendo dal matrimonio?  Cosí creò i primi progenitori, dai quali discendono tutti gli uomini.

Commento spirituale
Tutti gli esseri viventi sono stati creati attraverso il Verbo e in vista del Verbo, poiché tutti dovranno entrare nella gloria dei figli di Dio, il Verbo di Dio ha percorso tutte le fasi dell’evoluzione materiale e spirituale; dalla materia inorganica alla resurrezione e alla trasfigurazione dell’uomo. Il Verbo di Dio è entrato nell’utero stesso della terra per nascere, crescere e morire come ogni essere vivente, seguendo l’iter evolutivo dell’essere umano.
L’evoluzione della terra è giunta al vertice con l’uomo creato come immagine riflessa di Dio sulla terra, chiamato ad essere a somiglianza di Dio nella partecipazione alla natura divina. L’uomo ha in sé dunque tutti i livelli precedenti di esistenza e può, in base alla sua razionalità, portarne le potenzialità a perfezione. Sicché, tutti gli animali hanno sensazione e movimento, ma gli esseri umani, che hanno un corpo adatto alla loro anima razionale (poiché hanno mani abili, e una bocca fatta per la parola), possono usarne in modo conforme ad esseri razionali. Non tutti gli esseri umani aderirono al progetto divino nel Figlio Unigenito, Logos increato che comunicava con il logoi razionali degli uomini, allora Dio assecondò le scelte di questi uomini nella loro differenziazione sessuale e ricevettero la stessa benedizione data agli animali: “Siate fecondi e moltiplicatevi” .
Il progetto di Dio sull’uomo creato a sua immagine e somiglianza era che, lui scelto in mezzo agli uomini (Adamo) doveva continuare la manifestazione del Verbo, facendosi sposa di Dio e madre di un nuovo personificando sempre più simile a Dio come era avvenuto per gli angeli.