giovedì 30 gennaio 2014

Bereshit

Decriptiamo[1] le prime sei lettere della Bibbia: Bereshit

Dopo la lettera   in   viene la   o "r'osh" appunto "testa"  , da considerare come la mente di Dio e la lettera "bet" è anche la preposizione "dentro", quindi, cosa aveva dentro   la testa   il Signore? Nella sua mente c'erano quelle due lettere  , la prima è la jod  , radice del verbo essere, e la   indica un segno, direi più in generale un disegno, un modello, una indicazione precisa ed è l'iniziale della Torah  .
Come ogni progettista aveva nella mente un progetto ed il progetto era la Torah e l'architetto, che Isaia ricorda, voleva attuare quel progetto, infatti, Torah viene dal radicale "lanciare"   e un progetto è un lancio dalla mente, perché "è  dalla testa   ad uscire  ".
Dice un midrash ebraico che se un re costruisce un palazzo, generalmente fa venire un architetto e questi, il Verbo, la Parola, la Sapienza costruisce con un progetto, ha dei disegni   per stabilire dove deve collocare camere e porte: "Così anche il Santo, benedetto sia, prima guardò nella "Torah" e soltanto dopo creò il mondo. Genesi 1,1 si deve intendere così: "Con la Torah Dio creò il cielo e la terra". (Genesi Rabbà 1)
Per quel midrash   è paria "Con la Torah", infatti la   è anche la preposizione "con" e la testa   che stava   nella Torah   e poi   "in   testa   c'è   la  " è cirlocuzione per alludere Torah.
Proseguendo sull'idea della casa e della Torah si può fare il passo. "Per casa  , vista   la luce   che c'è   nella Torah   creò Dio il cielo e la terra."
Quelle sei prime lettere furono anche divise in "Barà"   "creò" e "shit"   "un fondamento", ossia la Pietra della Fondazione, "Even ha-Shetiyà", la prima pietra centro del creato a Sion nel Santo dei Santi su cui fu posta l'Arca.
L'interpretazione che va per la maggiore considerare quel "Principio" fosse la Sua Sapienza, infatti, cosa di più alto poteva conoscere l'uomo ispirato che scrisse la Genesi, cioè il Mosè della tradizione, della Sapienza di Dio?
Rispondono i maestri ebrei "
con la Torah creò il mondo", ella era là come il progetto per l'architetto. Dio "disse" e creò, quindi, creò con la Sapienza e con la Parola.
Il creato fu così opera della divinità unica e trinitaria. 
Se si tiene conto che allo spazio aperto tra due lettere si può all'occorrenza ritenervi scritta una lettera che indica, appunto, spazio aperto si ha che:
  • le prime due di "bereshit" sono anche il radicale di "scegliere";
  • le altre due contigue si possono leggere come "moglie".
Ecco che viene fuori l'idea, invero diffusa poi in tutta la Bibbia che: "Per scegliere una moglie fu   alla fine  "... Dio a creare il cielo e la terra. Guardando con attenzione tra le parole della Genesi al termine del primo racconto della creazione pare proprio scorgervi che Dio intendesse sposare; l'umanità, infatti, il 6° giorno della creazione in Genesi 2,1-2 si trova: "Così furono portati a compimento   il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 

Dentro B la mente/testa R dell’Unico A ad accendersi Sh fu I un (di)segno T.
Questo versetto In principio è anche detto della ”alleanza del fuoco”
perché la prima parola con cui inizia la Bibbia, contiene la parola ebraica di fuoco ש א ed è all’interno della parola alleanza ת י ר ב berit. Là l’alleanza ת י ר ב fu stabilità in mezzo con lettere di fuoco ש א attuando a pieno il   il “principio” del primo versetto della Genesi che interessava all’autore della creazione quello per pervenire alla Torah ה ר ו ת:  ת i segni י fu ש ad accendergli א l’Unico ר la mente ב Dentro.    
Dio è essenzialmente fuoco, luce. Infatti, con la sua luce-fuoco crea tutto e riporta la creazione alla sua origine nella luce della risurrezione.Quindi, adesso possiamo leggere bereshit in chiave cristiana: nel suo corpo il primogenito risorge per essere alla fine in tutti.




[1] Consulta questi link dal sito di Alessandro Conti Puorger: http://www.bibbiaweb.net/lett057a.htm e http://www.bibbiaweb.net/lett003a.htm

lunedì 27 gennaio 2014

Introduzione a Gn 1

In principio

Con l’espressione in principio (bereshit ,arché, principium) con cui inizia la Bibbia non intendiamo solo in principio del tempo ma nell’eternità di Dio e in riferimento alla Sapienza di Dio. Tale interpretazione si giustifica se teniamo presenti  en archè di Gv 1,1 e in parallelo a Pr. 8,22. Quindi l’inizio è in prospettiva trinitaria nel prologo di Giovanni[1], è in prospettiva sapienziale nei Proverbi. Dunque quel in principio della creazione ha il suo fondamento e il proprio archetipo nella pienezza del mondo di Dio. Il mondo degli angeli[2] è stato creato in vista del loro servizio al mondo degli uomini, così da formare un’unica creazione: mondo ideale, il cielo e mondo reale, la terra che si riflettono l’uno nell’altro e si rapportano l’uno all’altro. La terra è gravida di tutta la creazione già tracciata nei cieli, e obbedendo al comando di Dio, lo realizza. Infatti, dopo il versetto 1 non si dice più niente del cielo significando con ciò che esso fu creato con un unico atto nella pienezza, mentre la terra esce dal suo stato informe e vuoto solo con i sei giorni. Tuttavia, il mondo angelico, non contiene tutta la pienezza, è solo il grado iniziale della creazione che continua al di là e oltre verso la terra e il mondo degli uomini. Esso occupa un posto intermedio tra Dio e il mondo, come servitori di una creazione ulteriore che essi serviranno, quindi la loro pienezza rimane in funzione del nostro mondo. Alla fine del mondo attuale saranno gli stessi angeli che collaboreranno con Dio per il compimento dell’uomo perfetto in Cristo, liberandolo dal peccato in modo definitivo.
La dottrina degli archetipi divini della creazione era già presente in tutta la riflessione cristiana a partire dall’epoca patristica greca. Secondo questa dottrina il mondo concreto non è indipendente dal mondo divino. La pienezza divina funge da prototipo a cui Dio guarda per creare. Il primo a parlare di paradigmi è Gregorio Nazianzeno nei suoi Poemi teologici: “La mente creatrice del mondo considerava nelle sue rappresentazioni noetiche le immagini del mondo….Dio ha tutto davanti ai suoi occhi: ciò che era, ciò che sarà, ciò che è adesso”. Anche Giovanni Damasceno e Massimo il Confessore parlano di archetipi che sono in Dio sostanziali e integralmente esistenti. La creazione è uscita dalla mente di Dio, dal suo pleroma come altro da sé nell’eterno abisso della vita divina. Questa Sofia creaturale che esce dal pleroma divino sono il cielo e la terra di Gn 1,1 ovvero la creazione degli angeli e dei semi sofianici che si svilupperanno sulla terra. Questa Sofia creaturale è l’anima del mondo, la sostanza stessa della creaturalità immersa nel nulla. La creazione dei cieli sono i paradigmi, i prototipi dell’essere, i logoi spermatici inseriti nella creazione come semi che prima riposano in un sonno simile alla morte nella terra informe e vuota e poi sono suscitate alla vita dalle parole creatrici. La natura che viene dal verbo “nasci” sta facendo nascere progressivamente ciò che da sempre contiene dentro di sé. Ciò che non rende immediata la realizzazione delle potenzialità dei semi sofianici è la resistenza del nulla. Dall’incontro tra la Sofia è il nulla assoluto nasce la materia prima che è contiene la potenzialità di tutto ciò che esiste e questo abisso di oscuro male che è il nulla. Il mondo esci dalle mani di Dio come incompiuto, come forza caotica generata dal nulla. Questo principio caotico viene organizzandosi grazie allo Spirito di Dio, sia nella forza vegetativa con le sue innumerevoli varietà di piante, sia nelle innumerevoli specie di animali. Tutta la natura per personificarsi deve vivere negli spiriti creati, il suo principio vivificante è l’anima del mondo rappresentata dal sangue: “Perché l’anima di ogni corpo è il suo sangue, esso è la sua anima”(Lv 17,14). Tutto ciò che riteniamo morto nella sostanza inorganica è in realtà vitale. Starà ad un qualsiasi spirito, sia angelo o uomo, portare questa dimensione impersonale alla personificazione.
I sei giorni della creazione possono essere considerati come una creazione progressiva e una preparazione del mondo per lui. Tutto ciò che si rapporta  a questo mondo dell’uomo e co-umano, è antropomorfo. Anche gli stessi angeli esistono per l’uomo e con l’uomo. Infatti, quando nell’Apocalisse si parla della Gerusalemme celeste si afferma: misura di uomo, che è anche misura di angelo (Ap.21,17). In queste parole si esprime la sinantropia degli angeli che si manifestano sulla terra sotto forma di uomo e la sinangelità dell’uomo, derivante dall’immagine di Dio.  
 




[1] In Gv 1,1 Egli era in principio verso Dio sia era che verso non indicano nient’altro che lo Spirito Santo che dà la vita e che unisce il Padre e il Figlio come amore. Lo stesso pensiero è chiaramente espresso in Gv 1,4 in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La vita qui significa chiaramente lo Spirito Santo vivificante.
[2] Gli angeli vegliano sugli elementi naturali: il fuoco, l’acqua, gli astri e per analogia, si può concludere che essi sono proposti anche al mondo vegetale e animale. Tutto nel mondo ha il proprio angelo perché è il suo archetipo celeste. Per esempio, l’angelo del fuoco è lui stesso igneo, nel senso che porta nella sua essenza l’elemento noetico del fuoco, come l’angelo delle acque e così via.

giovedì 16 gennaio 2014

La caduta primordiale nella creazione

Il mondo creato non contiene nessun male[1], poiché la base del mondo creaturale è il nulla relativo, nella sua potenzialità di essere. Il mondo prima della caduta era quella Terra metafisica su cui poteva crescere l’Eden. La Terra era corporeità spirituale in divenire, era nello stato iniziale di spiritualizzazione, di diventare terra buona che accoglie lo Spirito del Dio Vivente. La sua chiamata era dal nulla all’essere vivente, ma questa base oscura del mondo conteneva in sé la possibilità di attualizzarsi, cioè la possibilità del male. Era sufficiente che il nulla uscisse dal suo stato potenziale per essere forza che produce il caos. Da qui il carattere attuale di questo mondo che giace nel male (1Gv 5,19). L’attualità del nulla è stato provocato dalla libertà creaturale che pone nel mondo il principio di un essere molteplice e caotico. Tutte gi esseri viventi sperimentano la tentazione del suicidio metafisico, l’aspirazione ad uscire dal “cerchio infuocato dell’essere”. Tuttavia, questa tentazione in nessuno e mai può giungere al termine, poiché il fiat creatore che riposa in ogni creatura non può essere distrutto. La creatura è incapace di dire a se stessa: muori! poiché nel momento in cui si decide per il nulla, essa si realizza come potenzialità di essere. La morte metafisica, il morire infinito lo può volere solo Dio, ma non lo fa poiché Egli ha deciso di non annullare niente di ciò che esiste. Noi abbiamo nell’eternità le radici del nostro essere e non abbiamo la forza di strapparle. Colui che ha tentato di farlo è rimasto prigioniero del proprio nulla, creando un opposizione alla vita infinita, il fluire del non essere inondò tutto ciò che esiste, l’elemento caotico del nulla circondò ogni creatura con il freddo glaciale della solitudine, la tuttunità universale divenne molteplicità individuale. Nasce il nostro piccolo io ritenendo che il mondo sia il suo trono.
Questo peccato originario si è prodotto nella creazione, in quella “terra” non ancora materia, che avrebbe generato le idee-forme (i semi sofianici) di ogni essere vivente. Il mondo angelico contiene in sé la totalità delle idee creatrici del mondo nel suo aspetto personale. Negli angeli abbiamo il principio della creazione, gli esecutori del Verbo creatore, il fondamento sofianico nel cielo del nostro essere terra, il mondo terrestre è tracciato nei cieli prima della sua creazione. Non c’è niente di esistente che non sia nel mondo angelico.
Gli angeli del Verbo, sono le idee e le forme di ciò che esiste nell’universo. La potenza della realtà che dà l’essere alle forme-idee, coloro che rivestendo di bellezza e splendore ogni essere vivente sono chiamati angeli dello Spirito Santo. I primi manifestano la verità, il logos di ciò che è creato (principio maschile) i secondi la loro bellezza corporea (principio femminile).
Prima di cadere, Lucifero era il più alto cherubino[2] (cfr. Is 14,12-15) assegnato alla creazione terrestre, la sua libertà meonale doveva raggiungere la libertà divina della kenosi, del sacrificio d’amore. In questo cherubino ciò non è avvenuto, perché ha preferito l’amore di sé a quello di Dio, ma questo amore egoista non è possibile per l’essere angelico poiché l’amore per Dio e l’amore reciproco degli angeli costituiscono il modo del loro essere. Quindi si è prodotto un suicidio ontologico, rimanere nella condizione del non-essere che comunque costituisce una possibilità della libertà creaturale. Questa libertà meonale è determinata dall’interno già nell’atto stesso della creazione, essa viene data. Questo dato-di-fatto deve essere assunto come un dono di Dio, ma può essere rapito, quale fosse sua proprietà. Questo decadimento è un opposizione alla legge della propria vita che è amore, ma poiché l’amore è libero, può spegnersi e concentrarsi solo su di sé, vedere soltanto se stessi. Attribuire ciò che proprio a se stesso è una rapina che si manifesta in un continuo tormento di invidia e di odio[3] verso la propria sorgente.
La caduta di questo cherubino rimane un fato isolato che non si estende al tutto il mondo angelico come invece avviene per il primo Adamo che si estende a tutto il genere umano. Nel mondo degli angeli si verificò una divisione tra gli angeli che seguirono l’esempio di Satana e gli altri angeli che si stabilirono nel bene, indirizzati nel processo di divinizzazione. Dopo la caduta, gli angeli ribelli non sono più in grado di vivere della natura divina e unirsi al coro angelico. La loro esistenza è simile ad una morte spirituale, nonostante la loro immortalità. Tutte le loro capacità intellettive e volitive sono diventate prive di sostanza divina. Questo vuoto è riempito dal parassitismo: il male si nutre del bene, l’odio dell’amore per mezzo di un combattimento con essi. Satana, attraverso la possessione, si forma un suo regno con le sue legioni, egli da angelo custode del creato diventa principe di questo mondo rubandolo all’uomo, regnando in modo parassitario fino a quando non sarà gettato fuori (Gv 12,31). Invece del servizio angelico, che non modifica la natura si ha l’aspirazione dei diavoli a condividere la vita carnale, facendosi portatori spirituali di concupiscenze (cfr. Gn 6,2)
Questo rinchiudersi nel proprio egoismo ha generato una caduta[4] dall’alto verso il basso, nella stessa creazione. Il principio celeste dei semi sofianici di questi angeli non si sono sviluppati in un corpo spirituale, ma sono caduti nella materia caotica, la forza centrifuga di questi spiriti ha prodotto una vasta espansione verso lo spazio (universo attuale). La manifestazione corporea dello Spirito di Dio è ostacolato dal freddo individualismo di questi esseri che non si lasciano bruciare dall’amore divino. La materia-madre a causa della morte spirituale, non genera più il corpo spirituale, ma manifesta la pesantezza della carne. Infatti la materia nello stato attuale  non è altro che un agglomerato chiuso in se stesso che grazie allo Spirito di Dio si organizza e si apre al processo di vita infinita, attraverso un procedimento di purificazione dall’egoismo al bene. La terra divenuta materia nel suo circolo chiuso di vita e di morte, non perde la sua pienezza sofianica, ma questa è segnata dalla presenza del nulla, dalla pesantezza, dall’inerzia e dall’impenetrabilità. La materia non è la sostanza del corpo, ma solo una sua qualità, una forza che rende i corpi carne, che riveste di tuniche di pelle la bellezza spirituale. La materialità paralizza la forza della vita, tutto ciò che vive ritorna alla terra, si arresta come un seme aspettando la sua resurrezione, la morte delle creature costituisce il loro ritorno alla terra, ma senza annientarsi, poiché tutta la creazione attende la sua redenzione (Rm 8,19-21), attraverso il Figlio dell’Uomo che per primo ha mantenuto desta la vita nel grembo della terra, per generare il frutto della resurrezione nel passaggio alla vita eterna.









[1] L’opinione dominante degli scrittori ecclesiastici della Chiesa orientale e occidentale sulla naturale del male si riduce al fatto che esso viene considerato come un non-ente, esso è la negazione o il venir meno del bene. Nella materia il male esiste solo per l’insufficienza del bene. Anche i demoni non sono malvagi, poiché non possono annientare l’essere e la loro cattiveria consiste nel non partecipare ai doni divini. Il male non può mai essere permanente proprio per il suo carattere  potenziale di negazione o privazione del bene, cioè dell’essere. Il male esiste solo in funzione del bene, quindi con l’annientamento del bene-essere sarebbe annientato anche il male stesso.
[2] I cherubini risiedono oltre il trono di Dio; sono i guardiani della luce e delle stelle. Si crede che, anche se sono stati rimossi dal piano reale e materiale degli uomini, la luce divina che essi filtrano giù dal cielo possa ancora toccare le vite umane.Hanno quattro ali e quattro facce, ovvero una umana, una di bue, una di leone ed infine una di aquila. I Cherubini sono considerati angeli dediti alla protezione. Essi stanno a guardia dell'Eden e del trono di Dio. Il loro grado tra gli angeli non è certo, ma vengono comunque posti nella prima sfera. I cherubini hanno una perfetta conoscenza di Dio, superata soltanto dall'amore di Dio dei serafini.

[3] L’odio è l’energia negativa dell’amore, la cattiveria satanica è il volto tenebroso dell’amore inestinguibile.
[4] Secondo Origene, la creazione del mondo coincide con la sua caduta in greco katabolè, che significa gettare giù dall’alto. Il primo essere spirituale ad essere racchiuso nella materia fu il diavolo.

lunedì 6 gennaio 2014

La manifestazione divina della materia: il Corpo del Figlio Unigenito

Il mondo ha la sua origine nella Sofia/Logos in cui sussistono in armonia l’uno e il molteplice, l’uno e il tutto. Ma allo stesso tempo il mondo è creato dal “nulla”, da quel nulla assoluto che Dio ha chiamato all’essere. La Sofia incontrando il nulla si modifica, si mescola a questo ouk on e da questa mescolanza nasce il divenire, il nulla relativo me on, la molteplicità creaturale, la materia che contiene i semi della Sofia, ma anche questo abisso di oscuro male che è il nulla.
La Sofia ha un volto luminoso, poiché rappresenta la Madre-Terra che contiene la potenzialità del tutto, la materia[1] prima che produrrà nel tempo tutte le cose; ma presenta anche un volto tenebroso poiché la forza irrazionale del nulla tende ad emergere dall’ordine sofianico. Ogni essere materiale, ha in sé il principio d’individuazione nel senso negativo di divisione. La Sofia incontrando lo spazio vuoto della materia è diventata caos[2] che prorompe con la sua forza disgregatrice. La materia-madre con il suo grembo materno è sia ricettacolo che tomba. Fecondata dal fiat creatore essa trae dal suo grembo tutto ciò che esiste. Il nulla relativo me on, (essere-non-essere), è un seme divino che deve manifestarsi, questo è lo specifico della condizione creaturale, questo nulla separa la creatura dal creatore dandole l’essere in sé e per sé, un essere autonomo in via di sviluppo. Il nulla assoluto è il vuoto, negazione totale dell’essere. Volere essere solo per se stessi costituisce l’essere nulla. Il vero eroe del “sottosuolo” è Satana che si è ritrovato nella prigione del proprio io, nel suo nulla egli ha potuto vedere il tutto divino, ed è stato costretto a rinchiudersi negli  inferi.
Il concetto di materia, nel suo significato etimologico di madre coincide con la sostanza divina dalla quale Dio come una madre genera il suo Figlio, che secondo Bulgakov è quella Dei-maternità[3], in cui nasce il Dio-Uomo, compito e scopo di tutto il creato. Per Solov’ev, la Sofia è l’idea divina manifestata, la materia della divinità, ma anche il principio dell’umanità, il Corpo del Figlio di Dio. Il Corpo è la prima sostanza creata, il corpo spirituale, il corpo delle idee, la santa sensitività. La bellezza, in quanto sensitività spirituale, è la rivelazione dello Spirito Santo, che manifesta la realtà delle idee, dei logoi. La grazia dello Spirito Santo che dà la vita svela questa santa sensitività, crea la carne santa, il molto buono del mondo. La terra è corporeità spirituale in divenire, essa tende a quella terra nuova che si manifesterà alla fine dei tempi. Tutta la terra è un corpo in potenza che si riveste della gloria dei sei giorni. Il corpo è la manifestazione dello spirito, mentre la carne terrena porta il peso della materia o del nulla, della pesantezza. Il superamento del corpo sulla carne è una lotta continua, già nella creazione lo possiamo notare ogni volta che la forma dei fiori, degli alberi, dell’erba esce dalla scura zolla, tendendo a costruirsi un corpo, a manifestare in esso la propria idea. La terra-madre diventò materia quando la morte entrò come forza del non-essere. La terra non è più capace di generare forme impeccabili, immortali, esse sono segnate dalla pesantezza. La materia rende i nostri corpi carne, siamo rivestiti di “tuniche di pelle”. Nella nuova terra libera dalla morte è noi saremo rivestiti dello splendore della luce primordiale di cui era rivestito Adamo.





[1] L’etimo di materia si fa risalire al sanscrito matram che significa misura, che proviene dalla radice ma, costruire, formare, e dal latino mater che significa madre.
[2] Il significato originario di cháos, che deriva dal verbo chaino, il quale rimanda a sua volta al verbo chaomai, significa” stare con la bocca aperta” oppure, in senso traslato, “grido”.
[3] Cfr. S. Bulgakov, Il Paraclito, EDB (Studi religiosi), Bologna 1987; tr. it., a cura di F. Marchese, di Utesitel’, YMCA Press, Paris 1936, p. 306.