martedì 21 luglio 2015

Gn. 3,20-24 "la cacciata dall'Eden"

20L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
21Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.
22Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». 23Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. 24Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita.

Eva

Hawwah ha la radice del verbo «vivere». Nello schema narrativo è presente un elemento negativo: il fatto che l’uomo imponga alla donna un nome diverso dal suo. Questo segna l’inizio del dominio: l’uomo comincia a dominare la donna, le dà il nome, nel senso che pretendere di sottometterla. Tuttavia il nome che le dà, è un nome auspicio di benedizione, è il nome della vita. E, spiega il nostro autore, prima della lunga serie di etimologie che farà dei vari nomi, si chiamò Eva perché fu la madre di tutti i viventi. Nella traduzione italiana (come in ogni traduzione) tutta la simbologia dei nomi è persa, perché non si coglie più il legame linguistico fra il nome e l’etimologia proposta. Eva–Vita è all’origine di tutti i Viventi; è il simbolo della madre. Rifacendoci all’ambiente culturale dell’autore antico, possiamo anche riconoscere che la Grande Dama della corte di Gerusalemme ha il proprio prototipo nella Hawwah (Eva), che è stata la madre di tutti, la prima regina madre.

Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.

La nudità dell’uomo, la debolezza, la limitatezza dell’uomo, viene coperta dalla misericordia di Dio, dal suo continuo e benevolo intervento. L’uomo si era nascosto perché nudo: Dio fa il vestito per l’uomo che è nudo. L’uomo si era nascosto per
la paura: Dio va a cercare l’uomo e lo riveste. Nel momento in cui l’uomo si accorge di non poter più sopportare il proprio limite, Dio interviene con un dono di grazia.

Tuniche di pelle
Nella Bibbia il vestito è legato a diversi simbolismi. In particolare è segno della dignità della persona. Si pensi per es. all'importanza ed alle accurate descrizioni delle vesti sacerdotali (Es 28, 4.39-40 ... 15x). Attraverso il vestito si indica anche il passaggio di dignità (cfr. Is 22,21). Dare un vestito è segno di sollecitudine per un altro, segno di una dignità concessa. È il dovere del padre verso il figlio; del marito verso la moglie; del responsabile verso coloro che gli sono affidati. In questo caso specifico è segno dell'attenzione di Dio per l'uomo e la donna anche dopo la trasgressione: non sono abbandonati a se stessi.
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita

L'espulsione è espressa mediante i verbi congedare ed espellere. Conseguenza è la perdita di contatto con l'albero della vita, la perdita della prossimità di Dio.  Notare che il castigo non è il lavoro, ma il non poter più coltivare il giardino e vivere un rapporto difficile, non armonioso con la terra.
Infatti, il giardino non viene abolito, l’albero della vita non viene tagliato. Il giardino e l’albero restano. L’uomo per il momento non vi ha più accesso. Se il giardino, dicevamo, è il simbolo della relazione amichevole con Dio, vuol dire che l’uomo, non fidandosi di Dio, è allontanato, ma non vuol dire che sia impossibile ritornare. Il racconto finisce proprio con la parola «albero della vita» custodito e difeso. Era l’uomo che doveva custodire e coltivare questo albero, invece non l’ha voluto e allora andrà a coltivare il suolo da dove era stato tratto. Perché non è stato tratto dal giardino, è stato tratto dal suolo e messo nel giardino. L’uomo non ha voluto l’amicizia fiduciosa del giardino, allora ritorna nella sua origine terrosa e lì lavora e fatica; quello che lui doveva custodire, adesso è custodito dalla mitica figura dei cherubini e della fiamma della spada sfolgorante, cioè il fulmine. Il cherubino è un’immagine mitologica orientale ed è rappresentato come un toro alato col busto umano.  

Commento patristico
Procopio
tuniche di pelli   Rivestì di cose morte colui che era morto per il peccato.
Beda
tuniche di pelli   Ricoprendoli in tal modo, il Signore fa capire che essi, ormai sono diventati mortali: poiché le pelli tratte da morti animali, sono figura della morte.
Ruperto
madre di tutti i viventi   O non piuttosto di tutti coloro che muoiono? Tutti, infatti, muoiono nel peccato di lei, e nessuno dei suoi figli vive, se non chi è vivificato mediante l’unico uomo Cristo.
Ne mangi e viva sempre    Che cosa avrebbe significato per Adamo vivere in eterno? Nient’altro che un’eterna sventura. Poiché è divenuto miserabile, che cosa sarebbe il suo essere eterno, se non avere un’eterna miseria? Il Signore, perciò, si ricordò della sua misericordia, proprio nel non concedere all’uomo miserabile l’albero della vita
Moderni
chiamò la moglie Eva    Adamo aveva già imposto un nome a sua moglie, quando gli
fu presentata, che esprimeva la sua provenienza dal corpo dell’uomo; ishà ora le dà un nome che designa la sua funzione , che è quella di diffondere la vita.
Agostino
non prenda anche dell’albero della vita    Alienato non solo dalla vita che avrebbe ricevuto insieme con gli angeli se avesse osservato il precetto, ma anche da quella vita che conduceva nel paradiso,… dovette essere separato dall’albero della vita; sia che… da esso derivasse il suo benessere corporeo, si che in esso ci fosse un sacramento visibile dell’invisibile sapienza: doveva esserne dunque allontanato, o in quanto ormai condannato a morire, o in quanto scomunicato.
 Commento spirituale

Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì    Le tuniche di pelli di cui vengono vestiti Adamo ed Eva rappresenta la dignità che Dio dà all’uomo per coprire la nudità diventata “vergogna” a causa del peccato. Da questo momento la legge della natura sarà regolata da Dio perché in essa vive la legge del peccato. La relazione interpersonale senza il “vestito”, senza la dignità sarà segnata dal disordine, dalla violenza e dall’abuso sessuale. La dignità che Dio gli conferisce è diversa da quella precedente, ora l’uomo avrà una personalità autonoma e indipendente staccata da quella di Dio. Tutta la vita dell’uomo cercherà questa comunione perduta che solo Dio potrà realizzare nel suo Figlio. Ora l’uomo con la sua coscienza personale, è diventato come noi, è diventato un essere libero come Dio, ma in modo autonomo, perché ha la possibilità di vivere senza Dio in quanto padrone della sua vita. Ecco che Dio proibisce all’uomo di non stendere la mano e di prendere dell’albero della vita per non farlo vivere eternamente in questa condizione, ma sperimentasse la sofferenza e la morte affinché potesse ritornare alla sua essenza, grazie all’incarnazione redentrice del Verbo.


Commento decriptato

Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.
In luogo dell'abito di luce   fece loro un abito di pelli  .
Hanno perduto il loro splendore, la loro luce si e' inspessita fino a divenire pelle.

Sottile gioco di lettere che ha segnato la vita dell'uomo:
  • luce, "dall'Unico alef  Portare waw  nella mente resh ";
  • pelle, "al peccare (avah)  con i corpi resh ."
Il vestire in ebraico è un verbo che ha il radicale labesh e Dio con tale verbo subito compie questo atto fisico che nasconde un atto spirituale.
Una lettura di quel radicale consente, infatti, di collegare il serpente lamed alle vergogne bosh dell'uomo, ma anche  il Potente dentro sorgerà. E quel dentro è sia con la venuta in terra del suo Messia, il Figlio vero Dio e uomo, vale a dire con l'incarnazione e poi con l'invio dello Spirito Santo nell'intimo dell'uomo. Tutto ciò porta al finale "il Potente  dentro  li risorgerà ".La conclusione grazie al Suo vestirci  , "dal Potente  abiteremo nella luce ". In definitiva Dio compì per l'uomo l'atto di misericordia di "rivestire gli ignudi".

tuniche di pelle

Il termine tuniche "ketonet", suggerisce più d'un vestito, ma la veste di funzione particolare, una veste sacra. Nel Pentateuco oltre che nel Genesi la prima volta che è usato quel termine è in Esodo 28 ove si descrivono le vesti dei sommi sacerdoti: Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale (hos e l'efod, il manto, la tunica damascata (ketonet tashbes)….  Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore." (Esodo 28,4).

Nel versetto Genesi 3,21 si trova una parola tuniche, ketonet leggibile questo termine come della rettitudine completa degli angeli porta il segno,  la rettitudine completa degli angeli riporterà per finire il peccare con i corpi/mente. La tradizione ebraica afferma che un ebreo avvolto nel tallit è come un angelo del Signore degli eserciti. Tallit "mantello della preghiera", è un quadrangolo in cotone, seta o lana bianco, di solito decorato con delle righe blu, ai cui quattro angoli vengono attaccati dei fiocchi, i tzitzit. Sono scialli della preghiera mattutina, che indicano che l'uomo è legato a Dio ed accerta che l'uomo vuole avere un abito spirituale nitido con alcuni fili azzurri che lo legano al cielo.




domenica 12 luglio 2015

Gn. 3,14-19 "le conseguenze dell'esilio"

Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
14Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
15Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
16Alla donna disse:
«Moltiplicherò i tuoi dolori
e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ed egli ti dominerà».
17All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato: «Non devi mangiarne»,
maledetto il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
18Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l'erba dei campi.
19Con il sudore del tuo volto mangerai il pane,
finché non ritornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere ritornerai!»

Nel racconto della tentazione e del peccato, il narratore aveva seguito l’ordine: serpente–donna–uomo; nella sezione dell’indagine e nelle domande l’ordine è stato capovolto: uomo–donna–serpente. Infine nelle sentenze troviamo di nuovo l’ordine inverso: il serpente, la donna e l’uomo. Il testo è costruito molto bene, cesellato anche nei particolari: la donna è sempre al centro, perché rappresenta l’elemento centrale di tutti i passaggi.

 maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici..
Al serpente Dio non chiede spiegazioni, formula solo la sentenza a suo danno, ed è l’unico elemento che viene maledetto. Né l’uomo, né la donna sono maledetti per il peccato, il serpente sì. Se la benedizione è il dono della vita e la capacità di trasmettere la vita, la maledizione si pone diametralmente all’opposto ed equivale, pertanto, alla sterilità e all’incapacità di produrre un frutto positivo. Tutta la realtà simboleggiata dal serpente (caos primitivo, potenza umana, arroganza della sapienza, culti della fertilità, magia e lato oscuro dell’uomo) vengono dichiarati sterili ed esclusi dalla dinamica della vita.
Il fatto dello strisciare inoltre diventa, simbolicamente, l’umiliazione massima; il mangiare polvere è l’abbattimento. Non vuol dire che prima i serpenti avessero le zampe; si sta presentando un gioco fra la realtà e il simbolo per passare dall’animale serpente a ciò che significa simbolicamente. Difatti quello che ci interessa è soprattutto il versetto 15, che segna il vertice della sentenza e spiega il rapporto fra il serpente e l’umanità.

Io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno…

Nel momento stesso in cui umilia il serpente, Dio afferma e preannuncia una lotta futura; Dio stesso mette inimicizia fra il serpente e la donna, fra i figli del serpente e i figli della donna. I figli del serpente saranno altri serpenti, tutto ciò che è racchiuso nel simbolo–serpente di generazione in generazione; e i figli della donna sono gli uomini di tutti i tempi, l’umanità intera. Non si sta parlando semplicemente a livello naturale di una lotta fra gli uomini e i serpenti, c’è qualche cosa di più, lo comprendiamo bene. I figli del serpente, dunque, sono, soprattutto, l’immagine del male e quei principi scorretti che hanno portato al peccato. Sono la pretesa della sapienza, la pretesa della potenza, la pretesa della fertilità, la sfiducia nei confronti di Dio. È il continuo ripresentarsi della mentalità ostile a Dio. E la donna e i suoi figli rappresentano l’umanità.
Viene così rappresentata la battaglia eterna fra il bene e il male. No, non è fra il bene e il male, è fra l’uomo e il male. Viene annunciato l’ininterrotto conflitto che l’uomo ingaggerà con il male. E questa è la realtà: il nostro autore conosce bene la sua realtà dove l’uomo lotta con una situazione negativa che è fuori di sé, ma che è anche dentro; lotta con gli istinti che lo portano a commettere il male; l’uomo che vuole vivere bene si trova a combattere per vivere bene. Questo desiderio di vivere bene e di combattere il male è messo da Dio all’inizio. Ma non solo viene annunciata una lotta continua fra i due schieramenti, viene promessa anche una vittoria, il superamento da parte dell’umanità.
Il testo ebraico usa un pronome maschile per indicare il soggetto di colui che schiaccerà la testa al serpente, quindi intende dire «il seme» della donna, cioè la discendenza: un figlio, o l’umanità in genere, sarà vittoriosa nei confronti del male.
L’interpretazione cristiana di questo testo ha visto in esso il primo annuncio del Messia. Difatti questo versetto è stato chiamato il Protovangelo, cioè il primo annunzio buono. Nel momento stesso del peccato, origine di ogni peccato, Dio annuncia la vittoria contro il peccato: un Figlio della donna schiaccerà la testa del serpente. Il serpente tuttavia gli si rivolterà contro. Viene così immaginata la scena di un uomo che, vedendo un serpente, col tallone tenta di colpirlo schiacciandogli la testa e la mossa istintiva del serpente è quella di girarsi di scatto e mordere, ma l’unico punto che può raggiungere è il calcagno. Chiaramente la contrapposizione testa–calcagno serve per mettere in contrasto la parte più alta e più nobile del corpo con la parte più bassa. Quindi a un certo punto, nonostante l’aggressività del male, il male sarà schiacciato alla testa, cioè definitivamente, ed eliminato.
Nella versione latina, non si sa bene per quale motivo, probabilmente solo per uno sbaglio di ricopiatura, il pronome maschile divenne femminile, e così il soggetto che schiaccerà il capo del serpente venne identificato con la donna e nel Medio Evo questo versetto fu riletto come profezia mariana.

Alla donna disse: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze; con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà…

Nelle parole rivolte alla donna e all’uomo non troviamo delle condanne, ma un modo letterario per indicare la disarmonia e l’interpretazione teologica di queste disarmonie alla luce del peccato.
Anche nelle sentenze primordiali la disarmonia viene presentata per la donna e per l’uomo con quattro immagini, due ciascuno. Il momento del parto, del dono della vita, è un momento meraviglioso, eppure è anche un momento tremendo. Come mai questo contrasto? Tale evento, comune nella vita delle persone, è preso come segno simbolico della disarmonia nella creazione. Il momento della vita e della nascita è il momento tremendo del dolore che rasenta la morte. L’immagine della partoriente nel dolore diventa così una immagine tipica nella Bibbia per indicare proprio la nascita della salvezza, l’origine della vita attraverso il dolore, attraverso la sofferenza. Negli ultimi secoli prima di Gesù Cristo si parla addirittura dei dolori del Messia e si adopera un termine tecnico che indica proprio i dolori del parto. Si intende il doloroso sconvolgimento che il Messia porterà nel mondo per far nascere l’uomo nuovo.
Nel Vangelo di Giovanni questa immagine è applicata simbolicamente alla passione stessa di Gesù come la via della nuova nascita: «La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21).
Anche S. Paolo, nella lettera ai Romani, utilizza questa immagine e afferma che tutta la creazione continua a soffrire in questi dolori del parto; intende dire che la storia presente vive in questa fase di nascita con la componente dolorosa del parto, ma la méta è la nascita definitiva dell’umanità nuova (cfr. Rm 8,19–25).
L’altro elemento di relazione disarmonica che si è venuto a creare col peccato è quello uomo–donna: la parità, l’osso delle mie ossa, carne della mia carne, il canto di lode iniziale adesso viene completamente rotto; la situazione sociale concreta (e ai suoi tempi molto più che ai nostri) presenta all’autore la scena della donna sottomessa, sfruttata, dominata, schiavizzata. È disarmonico questo stato di cose, non è nel progetto di Dio e, se c’è, è perché qualcuno va contro il piano di Dio. Non è la volontà di Dio che la donna sia sfruttata, è la conseguenza del peccato dell’uomo; è la disarmonia voluta dall’uomo contraria all’armonia voluta da Dio.

All’uomo disse: Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua. Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita….

Non viene maledetto l’uomo, ma il suolo, cioè la realtà esterna all’uomo: essa è vista come difficile, dura. Il nostro autore è un autore antico ed ha una mentalità antica, quindi non dobbiamo tirare delle conseguenze secondo la nostra moderna mentalità, tipo: che cosa ne può la natura se l’uomo è stato colpevole?  
Di fatto l’uomo conosce il terremoto e l’alluvione, conosce la grandine e la siccità, conosce l’inverno rigido che alla fine della primavera ricompare e fa gelare tutte le gemme e finisce per far perdere il raccolto. Conosce questa realtà, questa natura che non segue un ritmo ordinato e innocuo, ma ogni tanto dà dei danni e talvolta rovina proprio tutto; chi ci rimette in questa situazione è l’uomo. La disarmonia uomo–terra evoca l’origine dell’uomo dalla terra e l’altra grande disarmonia, quella della morte. L’uomo scopre la propria paura della morte. L’uomo vive la morte con angoscia, l’esperienza della morte altrui e quella propria, attesa e paventata. Perché? Perché questa situazione, si domanda l’antico. Proprio perché c’è disarmonia con Dio. L’uomo ha paura della morte perché non si fida di Dio. Il testo biblico non vuol dire che, se l’uomo non avesse peccato, non sarebbe morto. Presenta invece la causa dell’angoscia per la morte, l’incubo della morte. Quindi il sudore della fronte, il lavoro della terra, la paura del tornar nella polvere sono ulteriori segni della disarmonia. Questo mondo, questa realtà con le sue disarmonie sono frutto di una sfiducia iniziale nei confronti di Dio.

Commento patristico

Beda
sul tuo ventre   Striscia sul ventre quando – dopo aver vinto gli uomini con la gola – suscita in essi ardore di concupiscenza.
polvere mangerai   Mangia polvere, quando si pasce e si delizia del traviamento di coloro che peccano, e li seduce per trascinarli alla rovina.
 
Riformatori
la sua stirpe   Il seme di lei era il seme di Maria. Fino al diluvio e dopo, fino a Maria, le donne partorirono: tuttavia il loro seme non poté essere detto in verità seme della donna, ma piuttosto seme dell’uomo. Quello che nasce da Maria è stato concepito da Spirito Santo ed è vero seme di Maria.
Alla donna disse: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà. All’uomo disse: Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua!...  
 
Procopio
 egli ti dominerà  La donna era condannata al dolore, al gemito e alla schiavitù, finché il Cristo, nel suo amore per noi, non abolì tale maledizione nascendo da una donna. Quella donna era immagine di Eva. Vergini ambedue: Eva peccò, e dal serpente ebbe tristezza che trasmise alle sue discendenti; Maria ebbe gioia da Dio, distrusse la maledizione del genere umano, e col suo parto senza dolore pose fine al partorire nel gemito e nei dolori.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto  Il tuo rifugio, il tuo porto e la tua sicurezza sarà l’uomo.
Ruperto
tornerai alla terra   Fu per bontà, che il Dio buono – perché l’uomo non ignorasse la brutta morte della sua anima e non dormisse incurante nei piaceri – gli preannunciò la morte della sua carne. Dio volle che l’uomo corrotto dal peccato fosse mortale, e durante la sua vita mangiasse il pane nelle fatiche.

Von Rad

L’uomo era stato tratto dalla terra e ad essa è orientato; essa era la nutrice della sua esistenza, per cui esisteva una solidarietà creazionale tra l’uomo e la terra. Ma in questa unione e sopraggiunta una rottura, un’alienazione.

Commento spirituale

La maledizione cade sul serpente poiché il diavolo ha scelto il male fin dal principio, egli si nutrirà della polvere, cioè del peccato degli uomini per diffondere il male nel mondo e camminare sulle gambe di tutti quegli uomini, schiavi del peccato. Il ventre è quella zona dove la legge del peccato esercita il suo dominio. Dio si servirà di una donna, Maria, per salvare il mondo.
Il seme della donna



                                   Il seme di Dio                Il seme dell’uomo
                                 (Lo Spirito Santo)            (Il seme di Giuseppe)
In Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo, Figlio Unigenito di Dio e figlio dell’Uomo (Giuseppe e Maria), inizia la nuova generazione dei figli di Dio.
Ti schiaccerà la testa   L’orgoglio dei figli di Satana sarà schiacciato dai piedi (umiltà) dei figli di Dio.
tu le insidierai il calcagno    I figli di Dio saranno perseguitati come Gesù, ma alla
fine trionferanno, grazie alla vittoria del Figlio di Dio.

La donna viene colpita nel suo essere madre, con dolore  partorirai figli e nel suo essere donna, verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà. L’istinto che porta l’uomo e la donna a cercarsi si rivela come dominio. Mentre prima la loro relazione era nella gioia, ora subentra la violenza (la violenza sarà inscritta nel rapporto sessuale attraverso l’orgasmo). La donna che si salverà partorendo figli (S. Paolo) è figura della Chiesa che partorirà  nel dolore di Gesù Cristo i figli di Dio per espiare il peccato del mondo e riportare l’umanità a quella generazione spirituale a cui erano chiamati i nostri progenitori.
maledetto sia il suolo per causa tua   La terra diventa ostile all’uomo, solo con il lavoro e la preghiera l’uomo dovrà riacquistare la posizione di signore del creato per giungere al sabato, al riposo di Dio, passando però, attraverso la sofferenza e la  morte:  in polvere tornerai.

Commento decriptato

Decriptando il termine ebraico polvere, nelle lettere ain, pe e resh: “si vede col soffio un corpo” la ain è vedere , la pe è una bocca che soffia e la resh appunto è un corpo, indi la polvere è il corpo cioè quanto si vede sollevarsi soffiando oppure ain, si vede, sorgente della fecondità, del fruttificare (pe resh), nel senso che dalla polvere della morte dell’uomo, Dio fa risorgere l’uomo nuovo, Dio porterà il frutto benedetto: Gesù.
Il termine dolori (sofferenze) viene tradotto con il termine ‘eseb decriptato abbiamo ain e zade albero e bet la casa nel senso di veder salire o scendere dentro il figlio in riferimento al parto. La sofferenza del parto è legata alla prova che strappa la pelle per poter ritrovare l’uomo interiore che abbiamo perso.

Decriptiamo mangiare che ricorre spesso in questo capitolo, in ebraico akol alef Elohim kol ogni, totalità, quindi Dio nella sua totalità, in ognuno di noi  Mangiare del pane significa nutrirsi del divino oppure   la sposa ( ) nel senso che nell’atto del mangiare è implicito l’alleanza sponsale di Dio. Con il sudore ze’ah della fronte, zain colpire ain alla fonte he per far uscire. Quindi l’uomo può ritornare al soffio dello Spirito a condizione che si rivolga verso la povere per poter fecondare l’uomo nuovo.

Nel termine ebraico teshuva ritornare, rivolgersi troviamo le stesse lettere di shabbat shuv in relazione al dramma dell’esilio. Infatti, tav è indicato il rivolgimento, la penitenza, il riposo shuv per ritornare alla condizione primordiale.



mercoledì 1 luglio 2015

Gn. 3,8-13 "Nascondere la presenza di Dio"


Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». 10Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». 11Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». 13Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Commento esegetico

Nei vv. 8-13 viene reintrodotta la voce di Dio il quale interpreta i fatti.  Il v. 8 sottolinea immediatamente la presenza della voce di YHWH (cfr. la ripetizione dei verbi di dialogo). La voce di Dio reintroduce il dialogo che era stato interrotto dalla voce del desiderio. “Ho avuto paura": è un'espressione chiave. Nella vita dell'uomo è entrata la paura. Il desiderio di nascondersi allo sguardo di Dio sottolinea nuovamente l'aspetto della vulnerabilità dell'uomo, non solo nei rapporti con la donna, ma anche verso Dio. È il primo effetto dell'irruzione del principio dell'irrazionalità nella vita dell'uomo: bisogna difendersi ormai poiché non c'è limite alla forza di mangiare del serpente (o del serpente che è nell'uomo): ognuno si sente minacciato. L'uomo sarà ormai accompagnato perennemente da una situazione di lotta. Nelle domande che Dio fa all'uomo "Dove sei?" si nota, come avverrà più tardi con Caino, come Dio inviti l'uomo a scoprire la sua nuova situazione, a constatare direttamente il tipo di "conoscenza" a cui finalmente è giunto trasgredendo il divieto.
La colpa è passata sull’altro essere umano, ma implicitamente la colpa è data a Dio. «La donna mi ha ingannato, dice l’uomo a Dio, ma sei tu che me l’hai messa a fianco». Il giro del peccato porta a deresponsabilizzare se stesso e accusare gli altri. L’accusa della donna, sentita in precedenza come parte di se stesso, e l’accusa a Dio datore di ogni dono sono il segno evidente dell’armonia infranta. La donna a sua volta scarica la responsabilità sull’altro elemento: il serpente.
L’insistenza è sempre posta sul verbo mangiare. Dietro a questo verbo dobbiamo sempre intendere il senso del peccato. Non abbiamo assolutamente il riferimento a una azione storica precisa: cogliere un frutto qualsiasi e mangiarlo; incontriamo invece il simbolo stesso della disobbedienza.   L’origine del peccato è proprio la disobbedienza, la sfiducia. Non si tratta di un peccato concreto, materiale, identificabile, si tratta della radice di ogni peccato.
Il testo antico propriamente non parla, però, di peccato originale; non usa nemmeno la parola peccato.

Commento patristico

Procopio
l’uomo fuggì con la moglie dalla presenza del Signore Dio   Nascondersi dal volto significa venir meno dalla pura conoscenza di Dio. E per volto del Signore bisogna intendere il Figlio; essi avendo trasgredito il precetto, cessarono di essere illuminati dall’Immagine di Dio.
perché io sono nudo    Causa del suo timore dice essere la nudità provocata dall’aver perduto la virtù, abito divino; perciò Paolo ci esorta: Rivestiamoci delle armi della luce (Rm 13,12)
Ruperto

Dove sei?   E’ giusto che si dica così ad Adamo, poiché in realtà si è mosso, e non è al suo posto: il posto dell’uomo è Dio. E a ciò tendeva la bontà di Colui che lo cercava: che chi era cercato trovasse se stesso, e si rendeva conto di che cosa aveva perduto.
La donna che tu hai messo vicino a me   Mette avanti lo scudo della difesa.. e cerca di rovesciare la colpa su Dio, di avergli dato come compagna la donna.
Commento del rabbino Arbib di Milano
L’uomo prima del peccato non aveva una piena libertà di scelta perché ha una conoscenza profonda delle cose (conoscenza oggetiva) la sua conoscenza è talmente estesa che l’uomo vede in maniera assolutamente chiara da individuare subito il male e sa cosa significa fare il male. La conoscenza è così grande che il male è esterna a lui ecco perché viene tentato da un essere (il serpente) esterno a lui. Ecco perché il bene è una forza straordinariamente più grande del male poiché sta dentro la sua coscienza.
Dopo il peccato il male non è più esterno ma interno all’uomo: “mangiarono del frutto”. Quindi adesso sono io che faccio il male, fa parte di me. Il bene e il male  sono un tutt’uno ecco perché non riusciamo più a distinguere il bene dal male.
Olam in ebraico mondo ha la stessa radice di nascosto, Dio crea il mondo nascondendosi, ritirandosi (teoria del tzim tzum)
Il serpente dice all’uomo di diventare come Dio creatore di  mondi, il serpente invita l’uomo a creare il buio cioè a continuare a nascondere la presenza di Dio-Luce per far emergere se stesso come luce creativa.

Commento spirituale
Adesso i due sono incapaci di accogliersi l’un l’altro e accogliere la presenza di Dio che passeggiava con loro e allora fuggono in mezzo agli alberi, cioè vanno a vivere in mezzo agli altri esseri viventi secondo le loro abitudini e costumi. I due non sanno più collocarsi nella posizione in cui Dio li aveva posti (l’Eden) e non sanno più relazionarsi con Dio. Adamo risponde accusando la donna e con lei Dio stesso, si sottrae alla responsabilità e così fa anche Eva incolpando il serpente. L’uomo e la donna si trovano divisi, sono giunti al culmine dell’esperienza del peccato e si trovano già fuori dalla comunione con Dio. Le conseguenze del peccato saranno il dolore e l’istinto per la donna e il lavoro e il dominio per l’uomo.

Commento decriptato

L'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio
nel verbo nascondere formato dalle lettere chet bet e alef  possiamo leggere una chiusura  dentro all’Unico. L’uomo e la donna voglio pongono una barriera alla presenza di Dio. Dio Elohim comincia a diventare nascosto, poiché è l’uomo stesso che non lo manifesta perché ritorna nella sua fase di animalità, si nasconde tra gli alberi del giardino a imitazione del serpente.
Sulla decriptazione di  Dove sei?
(alef ) Dio  yod caf he  (il verbo è battere con forza, o introdursi con forza)  nel senso che Dio andrà sempre a bussare con forza al cuore di ogni uomo, perché è un Dio geloso.
(alef) Dio sarà (yod) oscurato, diventare scuro (caf he) in riferimento all’assenza del volto di Dio per Adamo dopo il peccato.
possiamo leggere anche l’Unigenito è (yod) colui che prende per mano(caf) Adamo per farlo uscire (he) dalla sua situazione di peccato oppure come se Dio dicesse alla coppia "Inizo alef dalla esistenza yod retta caf  che esce (he).