domenica 14 dicembre 2014

Gn 2,1-3

1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.

Così furono compiuti i cieli e la terra

La conclusione della settimana della creazione è stata sistemata all’inizio di un nuovo
capitolo, giusto prima del punto in cui inizia la storia della formazione dell'uomo, dove viene esplicitamente affermato che questa formazione ha preceduto quella di tutti gli altri organismi, nonché della terra e dell'atmosfera come le conosciamo oggi.  
I primi versetti del secondo capitolo anticipano la conclusione di tutta la storia che sta per cominciare e che non si è ancora conclusa, se non per la rivelazione concessa a chi ama Dio e crede alla sua parola. L'opera di Dio si è infatti conclusa in sei giorni, ma non è scritto da nessuna parte che noi uomini siamo già arrivati alla conclusione di quest'opera.  D'altra parte, nemmeno sta scritto da qualche parte che il sesto giorno sia già concluso e che noi siamo entrati nel settimo giorno, di cui parla questo versetto, il giorno cioè in cui i cieli e la terra sono stati compiuti, il Midrash, collega questa parola a chilaion, attendere con ansia, ed a clìstrumento o utensile. Il cielo e la terra e Dio stesso attendevano con ansia l'arrivo dello Shabbat che avrebbe permeato il mondo di santità (Tzror HaMor).

e tutte le loro schiere

Il termine «schiere» traduce la parola ebraica seba’ot da una radice che significa “ammassare”, “raggruppare”. La potete riconoscere perché è stata conservata anche in greco e in latino nel canto liturgico del Sanctus: «Dominus Deus Sabaoth». Si deve dunque tradurre «il Signore Dio delle schiere». Ma che cosa vuol dire? L’autore sacerdotale allude a una antica formula e la rilegge in modo nuovo: egli infatti parla delle schiere del cielo e della terra. Le schiere del cielo sono le stelle e gli astri; le schiere della terra, invece, devono essere tutte le creature che abitano il pianeta.
In un’epoca molto arcaica, invece, Dio era chiamato «Signore degli eserciti» in un senso militare e bellicoso: indicava il Dio che fa vincere il nostro esercito, il Dio che protegge le nostre schiere. Adesso la tradizione liturgica dice Il Signore Dio dell’universo, quindi non più gli eserciti per la guerra, ma il cielo e la terra sono «le schiere del Signore». Inoltre, il nome proprio di Dio, Yahweh (hwhy), è una forma del verbo «essere» (HYH – hy"h'), molto vicina a quella che noi traduciamo con: «Sia...» (yhiy>). Il Signore delle schiere è il Dio che «fa esistere» l’universo. L’insieme diventa una splendida lode al Signore del cosmo.
L’autore sacerdotale pensa tutto l’universo in chiave liturgica: il cosmo, infatti, viene
descritto come un grande tempio. Il cielo è stato presentato come una grande lastra solida che separa le acque dalle acque: viene indicato con il termine «firmamento» (raqia’). Si tratta di una parola molto rara, utilizzata solo dal nostro autore in questo canto e dal profeta Ezechiele nella sua visione della Gloria di Dio (Ez 1,22–23.25–26;
10,1). Ezechiele è un sacerdote contemporaneo dell’autore del primo capitolo della Genesi: per questo profeta il «firmamento» è la grande lastra di cristallo su cui poggia il trono di Dio e rievoca la più antica visione che il profeta Isaia aveva avuto nel tempio stesso (Is 6,1). Per chi è abituato al linguaggio liturgico e profetico l’allusione del nostro autore è chiara: il cielo è la base del trono di Dio, mentre il cosmo è il tempio della sua Gloria.
Quindi il nostro testo intende dire, con fine allusione, che la luna e le stelle, gli alberi e i fiori, gli uccelli e i pesci, gli animali e l’uomo sono una splendida serie di «cori», grandi corali che celebrano la liturgia cosmica.
Tutto infatti tende al sabato: il momento della grande e abituale liturgia. In sintesi il messaggio dell’autore sacerdotale è dunque questo: Dio ha organizzato un grande tempio per la celebrazione della festa. Di questo tempio cosmico l’uomo è il sacerdote; l’uomo è il celebrante del Creatore, è colui che rende presente il Dio Creatore, e si rende conto della grande bellezza di tutto ciò che è stato creato. Ogni
uomo è come il re: rappresentante di Dio; ogni uomo è sacerdote che rende culto a Dio, riconoscendo e celebrando la presenza di Colui che organizza l’insieme: il direttore del coro.
Quest’ultimo giorno è luogo dell'incontro fra Dio e l'universo. Anzi solo questo "tempo" partecipa realmente della santità stessa di Dio. Il settimo giorno rappresenta la settimana liturgica. La settimana delle origini, è coronata dal Sabato. Il Sabato sarà istituito sul Sinai (20,8-11), anche se già osservato nel deserto (Es 16,22-30). Costituisce anche il giorno di coronamento della costruzione del santuario nel deserto (Es 31,12-17). Si crea così un parallelismo tra costruzione del mondo-costruzione del santuario. Lo Spirito di Dio è attivo nella creazione come nella costruzione del santuario (Es 31,3), ambedue si concludono con un Sabato, e il Santuario è eretto nel primo giorno del primo mese, corrispondente al Nuovo Giorno dell'Anno della creazione (un caso analogo è osservabile in Gen 8,1). Vi è dunque una connessione simbolica tra cosmo e tempio, creazione e liturgia, fatto non peculiare di Israele. In Enuma elish la creazione del mondo è conclusa con la costruzione del tempio per la preghiera della divinità creatrice (cfr. Gb 38,4-7)
Lo Shabbat è un giorno permeato di significati. La Torà afferma che Dio lo santificò poiché in esso Egli si astenne da tutte le sue opere (v.3), implicando che l'essenza del giorno è la commemorazione della cessazione dall'operare; ma nella frase immediatamente seguente la Torà dice "per fare", a significare che il completa-mento fu simultaneo con il riposo. Non c'è contraddizione. Dio cessò dalla Creazione fisica, ma creò l'universo spirituale che viene in essere ogni Shabbat. Il mondo dello Shabbat è di gran lunga superiore a quello dei sei giorni a cui succede, ma essi non sono separati l'uno dall'altro. Il ponte tra il mondano ed il sacro, tra i giorni della settimana e lo Shabbat, è l'Uomo. Adamo ed Eva furono creati per ultimi, appena prima dello Shabbat, perché solo l'Uomo possiede l'intelligenza e la saggezza per portare la santità dello Shabbat nelle attività della settimana lavorativa. Di tutte le creature dell'universo, soltanto lui può creare la santità. Gli angeli sono santi, ma sono statici. Non possono migliorare se stessi o il mondo. Solo l'Uomo può fare entrambe le cose. Lo Shabbat è il sigillo di Dio e l'Uomo è colui che lo deve imprimere sull'universo di Dio; ed in effetti, le attività dell'Uomo trasformano l'universo da un apparente amalgama di materia senza scopo nello specchio della volontà di Dio.

Benedisse ... e lo consacrò
Dio benedì lo Shabbat con abbondante bontà, poiché in esso c'è un rinnovo della forza fisica procreativa ed una superiore possibilità di ragionamento ed esercizio dell'intelletto. Lo santificò in quanto nessuna opera fu fatta in esso (Ibn Ezra). Dio avrebbe benedetto lo Shabbat, in futuro, con una doppia razione di manna il venerdì in suo onore; e lo avrebbe santificato non fornendo la manna lo Shabbat stesso (Midrash). Il significato letterale del verso è che lo Shabbat è santificato al di sopra del normale corso della attività fisica in questo mondo. Normalmente la gente deve lavorare per guadagnarsi da vivere, ma di Shabbat il lavoro è proibito, ed anche così lo Shabbat è un giorno che è benedetto con più cibo e più gioia del resto della settimana (Or HaChaim). Notate che, a differenza degli altri sei giorni, non si dice: «E fu sera e fu mattina. settimo giorno». Il nostro autore è talmente preciso che dobbiamo porre attenzione a ogni sua variazione. Sembra dunque che il sabato non finisca; il primo giorno è finito; il secondo anche, il sesto pure... e il settimo? Non viene detto che finisca! Con questo particolare letterario l’autore vuole presentare una prospettiva futura, come dire: «Oggi è il sesto giorno, domani sarà il settimo». Il sesto giorno, il giorno della creazione dell’uomo è questo oggi: si intende facilmente che si tratta della storia dell’umanità, tutta la storia che tende al momento del compimento e della perfezione, il grande sabato finale. Nel mondo orientale biblico il «6» è il numero dell’imperfezione, mentre il «7» è quello del compimento.
Adesso l’umanità sta vivendo il sesto giorno e tutta la storia dell’uomo è il sesto giorno della creazione. Una bella interpretazione di quel plurale «Facciamo l’uomo», vuole vedere in questo esortativo un invito che Dio rivolge all’uomo stesso. Dio dice all’uomo: «Facciamo l’uomo! Dammi una mano a creare l’umanità». L’uomo non è una realtà statica, fatta e finita; è una realtà dinamica. L’uomo deve diventare. L’uomo tende al sabato finale, tende alla pace. Siamo tutti in attesa di questo compimento escatologico quando l’azione di Dio sarà completa e perfetta. La preghiera con cui chiediamo a Dio il dono del «riposo eterno», non è altro che l’augurio del grande sabato, quando la creazione entrerà nella completezza.
Oggi, dunque, stiamo vivendo ancora la creazione. La prima preghiera eucaristica, il
canone romano, termina con questa idea espressa in splendide parole: «Per Cristo nostro Signore tu, o Dio, crei e santifichi sempre, fai vivere, benedici e doni al mondo ogni bene».

Commento spirituale

Il « riposo » di Dio non può essere banalmente interpretato come una sorta di inattività  di Dio. L’atto creatore che è a fondamento del mondo è infatti di sua natura permanente e Dio non cessa mai di operare, come Gesù stesso si preoccupa di ricordare proprio in riferimento al precetto del sabato: « Il Padre mio opera sempre e anch’io opero » (Gv 5, 17). Il riposo divino del settimo giorno non allude a un Dio inoperoso, ma sottolinea la pienezza della realizzazione compiuta e quasi esprime la sosta di Dio di fronte all’opera « molto buona » (Gn 1, 31) uscita dalle sue mani, per volgere ad essa uno sguardo colmo di gioioso compiacimento: uno sguardo « contemplativo », che non mira più a nuove realizzazioni, ma piuttosto a godere la bellezza di quanto è stato compiuto; uno sguardo portato su tutte le cose, ma in modo particolare sull’uomo, vertice della creazione. È uno sguardo in cui si può in qualche modo già intuire la dinamica « sponsale » del rapporto che Dio vuole stabilire con la creatura fatta a sua immagine, chiamandola ad impegnarsi in un patto di amore.
Il Dio che riposa il settimo giorno rallegrandosi per la sua creazione, è lo stesso che mostra la sua gloria liberando i suoi figli dall’oppressione del faraone. Nell’uno e nell’altro caso si potrebbe dire, secondo un’immagine cara ai profeti, che egli si manifesta come lo sposo di fronte alla sposa.
Se dunque egli « santifica » il settimo giorno con una speciale benedizione e ne fa il « suo giorno » per eccellenza, ciò va inteso proprio nella dinamica profonda del dialogo di alleanza, anzi del dialogo « sponsale ». È un dialogo di amore che non conosce interruzioni, e che tuttavia non è monocorde: si svolge infatti adoperando i diversi registri dell’amore, dalle manifestazioni ordinarie e indirette a quelle più intense che le parole della Scrittura e poi le testimonianze di tanti mistici non temono di descrivere con immagini tratte dall’esperienza dell’amore nuziale.
Il « giorno del Signore » è, per eccellenza, il giorno di questo rapporto, in cui l’uomo eleva a Dio il suo canto, facendosi voce dell’intera creazione. Proprio per questo è anche il giorno del riposo: l’interruzione del ritmo spesso opprimente delle occupazioni esprime, con il linguaggio plastico della « novità » e del « distacco », il riconoscimento della dipendenza propria e del cosmo da Dio. Tutto è di Dio! Esso sta a ricordare che a Dio appartengono il cosmo e la storia, e l’uomo non può dedicarsi alla sua opera di collaboratore del Creatore nel mondo, senza prendere costantemente coscienza di questa verità.
Commento decriptato

Dio lo benedisse

benedire barak  poichè in questo giorno dentro il corpo del giusto, viene Bar il Figlio het della rettitudine, oppure benedetto baruch il figlio è portato nella rettitudine. All’uomo del 6° giorno Dio prepara nel 7° un salto di natura. Per portare a compimento Gen 2,2 usa IKL rendere perfetto e si può leggere: "Così rese perfetti il cielo e la terra e tutte le loro schiere". Dio, così, nel 7° giorno sposò Adamo-l’umanità, e non si sposa qualcuno se questi non è libero di dire si o no. Dio non completò la creazione, ma in questo 7° giorno la prosegue con la storia di salvezza per portare a perfezione i figli, in quanto la riuscita della creazione, la perfezione, non è miracolo imposto, ma ci sarà se accettata dall’uomo. Gesù in croce annuncia che il passaggio al riposo e fu deposto nel sepolcro! Quando Gesù fu deposto dalla croce, il venerdì sera, il Vangelo osserva: e già splendevano le luci del sabato.(Lc 23,54b) Israele accoglie lo shabbat come sposa, la regina dello Shabbat; il venerdì sera inizio del sabato è intonato, infatti, il canto Lekhah dodì : Vieni amato mio incontro alla sposa, accogliamo il volto dello shabbat. Tra il tempo e l’uomo c’è un’alleanza, un matrimonio e l’altra parte, che vuol essere un tutt’uno con l’uomo è appunto lo shabbat, ma in effetti, chi vuol essere tutt’uno con l’uomo è Dio, padre, madre e sposo. Per la tradizione, ebraica, ogni giorno della settimana è “sposato” con un altro: la domenica col lunedì, martedì col mercoledì, giovedì col venerdì…shabbat, invece, è solo ed un midrash afferma che lo shabbat è sposato con Israele. Cristo col compiere lo shabat: “Risuscitò ש da dentro ב la croce ת.“ ha portato la forza per rendere completa la creazione con l’annuncio che per l’uomo c’è ancora il dono della risurrezione e il solo annuncio è in grado di far sì che “illumini ש dentro ב completamente ת“, cioè faccia tendere ad essere perfetti, e per tutti la perfezione ci sarà con “la risurrezione ש dentro ב alla fine .ת  Gesù nel 7° giorno ha lavorato e s’è riposato in terra nel sepolcro e nei sabati interveniva a favore dell'uomo perché “il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato" e " il figlio dell'uomo è signore del sabato ” (Mar. 2,28 Lc 6,5), infine ha dato all’uomo la certezza della risurrezione, compiendo a fondo il comando dello shabat ש ב ת , in quanto la risurrezione ש dentro ב ha indicato . ת Dio nello scorcio di questo 7° giorno, in attesa dell'8° attende che l'uomo prenda atto dell'amore di Dio e cessi da lavori non utili alla conversione e sia attivo per l’evangelizzazione col discernimento regalato dallo Spirito Santo.
Del resto la parola sette sheb'ah con i segni dice che “la Luce  dentro agirà  nel mondo " e annuncia il Sabato shabat vale a dire "la Luce dentro completerà ", cioè porterà a termine e questa Luce è quella di Cristo.

settimo giorno in ebraico hashevi(ain)i Dio si riprende la sua creatura per il riposo, ha nel mondo shev ritorna Jahvè ad agire nell’esistenza oppure nel mondo il Risorto (l’uomo-Dio) abita e sarà ad agire in Lui.