martedì 21 luglio 2015

Gn. 3,20-24 "la cacciata dall'Eden"

20L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
21Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.
22Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». 23Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. 24Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita.

Eva

Hawwah ha la radice del verbo «vivere». Nello schema narrativo è presente un elemento negativo: il fatto che l’uomo imponga alla donna un nome diverso dal suo. Questo segna l’inizio del dominio: l’uomo comincia a dominare la donna, le dà il nome, nel senso che pretendere di sottometterla. Tuttavia il nome che le dà, è un nome auspicio di benedizione, è il nome della vita. E, spiega il nostro autore, prima della lunga serie di etimologie che farà dei vari nomi, si chiamò Eva perché fu la madre di tutti i viventi. Nella traduzione italiana (come in ogni traduzione) tutta la simbologia dei nomi è persa, perché non si coglie più il legame linguistico fra il nome e l’etimologia proposta. Eva–Vita è all’origine di tutti i Viventi; è il simbolo della madre. Rifacendoci all’ambiente culturale dell’autore antico, possiamo anche riconoscere che la Grande Dama della corte di Gerusalemme ha il proprio prototipo nella Hawwah (Eva), che è stata la madre di tutti, la prima regina madre.

Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.

La nudità dell’uomo, la debolezza, la limitatezza dell’uomo, viene coperta dalla misericordia di Dio, dal suo continuo e benevolo intervento. L’uomo si era nascosto perché nudo: Dio fa il vestito per l’uomo che è nudo. L’uomo si era nascosto per
la paura: Dio va a cercare l’uomo e lo riveste. Nel momento in cui l’uomo si accorge di non poter più sopportare il proprio limite, Dio interviene con un dono di grazia.

Tuniche di pelle
Nella Bibbia il vestito è legato a diversi simbolismi. In particolare è segno della dignità della persona. Si pensi per es. all'importanza ed alle accurate descrizioni delle vesti sacerdotali (Es 28, 4.39-40 ... 15x). Attraverso il vestito si indica anche il passaggio di dignità (cfr. Is 22,21). Dare un vestito è segno di sollecitudine per un altro, segno di una dignità concessa. È il dovere del padre verso il figlio; del marito verso la moglie; del responsabile verso coloro che gli sono affidati. In questo caso specifico è segno dell'attenzione di Dio per l'uomo e la donna anche dopo la trasgressione: non sono abbandonati a se stessi.
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita

L'espulsione è espressa mediante i verbi congedare ed espellere. Conseguenza è la perdita di contatto con l'albero della vita, la perdita della prossimità di Dio.  Notare che il castigo non è il lavoro, ma il non poter più coltivare il giardino e vivere un rapporto difficile, non armonioso con la terra.
Infatti, il giardino non viene abolito, l’albero della vita non viene tagliato. Il giardino e l’albero restano. L’uomo per il momento non vi ha più accesso. Se il giardino, dicevamo, è il simbolo della relazione amichevole con Dio, vuol dire che l’uomo, non fidandosi di Dio, è allontanato, ma non vuol dire che sia impossibile ritornare. Il racconto finisce proprio con la parola «albero della vita» custodito e difeso. Era l’uomo che doveva custodire e coltivare questo albero, invece non l’ha voluto e allora andrà a coltivare il suolo da dove era stato tratto. Perché non è stato tratto dal giardino, è stato tratto dal suolo e messo nel giardino. L’uomo non ha voluto l’amicizia fiduciosa del giardino, allora ritorna nella sua origine terrosa e lì lavora e fatica; quello che lui doveva custodire, adesso è custodito dalla mitica figura dei cherubini e della fiamma della spada sfolgorante, cioè il fulmine. Il cherubino è un’immagine mitologica orientale ed è rappresentato come un toro alato col busto umano.  

Commento patristico
Procopio
tuniche di pelli   Rivestì di cose morte colui che era morto per il peccato.
Beda
tuniche di pelli   Ricoprendoli in tal modo, il Signore fa capire che essi, ormai sono diventati mortali: poiché le pelli tratte da morti animali, sono figura della morte.
Ruperto
madre di tutti i viventi   O non piuttosto di tutti coloro che muoiono? Tutti, infatti, muoiono nel peccato di lei, e nessuno dei suoi figli vive, se non chi è vivificato mediante l’unico uomo Cristo.
Ne mangi e viva sempre    Che cosa avrebbe significato per Adamo vivere in eterno? Nient’altro che un’eterna sventura. Poiché è divenuto miserabile, che cosa sarebbe il suo essere eterno, se non avere un’eterna miseria? Il Signore, perciò, si ricordò della sua misericordia, proprio nel non concedere all’uomo miserabile l’albero della vita
Moderni
chiamò la moglie Eva    Adamo aveva già imposto un nome a sua moglie, quando gli
fu presentata, che esprimeva la sua provenienza dal corpo dell’uomo; ishà ora le dà un nome che designa la sua funzione , che è quella di diffondere la vita.
Agostino
non prenda anche dell’albero della vita    Alienato non solo dalla vita che avrebbe ricevuto insieme con gli angeli se avesse osservato il precetto, ma anche da quella vita che conduceva nel paradiso,… dovette essere separato dall’albero della vita; sia che… da esso derivasse il suo benessere corporeo, si che in esso ci fosse un sacramento visibile dell’invisibile sapienza: doveva esserne dunque allontanato, o in quanto ormai condannato a morire, o in quanto scomunicato.
 Commento spirituale

Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì    Le tuniche di pelli di cui vengono vestiti Adamo ed Eva rappresenta la dignità che Dio dà all’uomo per coprire la nudità diventata “vergogna” a causa del peccato. Da questo momento la legge della natura sarà regolata da Dio perché in essa vive la legge del peccato. La relazione interpersonale senza il “vestito”, senza la dignità sarà segnata dal disordine, dalla violenza e dall’abuso sessuale. La dignità che Dio gli conferisce è diversa da quella precedente, ora l’uomo avrà una personalità autonoma e indipendente staccata da quella di Dio. Tutta la vita dell’uomo cercherà questa comunione perduta che solo Dio potrà realizzare nel suo Figlio. Ora l’uomo con la sua coscienza personale, è diventato come noi, è diventato un essere libero come Dio, ma in modo autonomo, perché ha la possibilità di vivere senza Dio in quanto padrone della sua vita. Ecco che Dio proibisce all’uomo di non stendere la mano e di prendere dell’albero della vita per non farlo vivere eternamente in questa condizione, ma sperimentasse la sofferenza e la morte affinché potesse ritornare alla sua essenza, grazie all’incarnazione redentrice del Verbo.


Commento decriptato

Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.
In luogo dell'abito di luce   fece loro un abito di pelli  .
Hanno perduto il loro splendore, la loro luce si e' inspessita fino a divenire pelle.

Sottile gioco di lettere che ha segnato la vita dell'uomo:
  • luce, "dall'Unico alef  Portare waw  nella mente resh ";
  • pelle, "al peccare (avah)  con i corpi resh ."
Il vestire in ebraico è un verbo che ha il radicale labesh e Dio con tale verbo subito compie questo atto fisico che nasconde un atto spirituale.
Una lettura di quel radicale consente, infatti, di collegare il serpente lamed alle vergogne bosh dell'uomo, ma anche  il Potente dentro sorgerà. E quel dentro è sia con la venuta in terra del suo Messia, il Figlio vero Dio e uomo, vale a dire con l'incarnazione e poi con l'invio dello Spirito Santo nell'intimo dell'uomo. Tutto ciò porta al finale "il Potente  dentro  li risorgerà ".La conclusione grazie al Suo vestirci  , "dal Potente  abiteremo nella luce ". In definitiva Dio compì per l'uomo l'atto di misericordia di "rivestire gli ignudi".

tuniche di pelle

Il termine tuniche "ketonet", suggerisce più d'un vestito, ma la veste di funzione particolare, una veste sacra. Nel Pentateuco oltre che nel Genesi la prima volta che è usato quel termine è in Esodo 28 ove si descrivono le vesti dei sommi sacerdoti: Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale (hos e l'efod, il manto, la tunica damascata (ketonet tashbes)….  Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore." (Esodo 28,4).

Nel versetto Genesi 3,21 si trova una parola tuniche, ketonet leggibile questo termine come della rettitudine completa degli angeli porta il segno,  la rettitudine completa degli angeli riporterà per finire il peccare con i corpi/mente. La tradizione ebraica afferma che un ebreo avvolto nel tallit è come un angelo del Signore degli eserciti. Tallit "mantello della preghiera", è un quadrangolo in cotone, seta o lana bianco, di solito decorato con delle righe blu, ai cui quattro angoli vengono attaccati dei fiocchi, i tzitzit. Sono scialli della preghiera mattutina, che indicano che l'uomo è legato a Dio ed accerta che l'uomo vuole avere un abito spirituale nitido con alcuni fili azzurri che lo legano al cielo.




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