lunedì 27 gennaio 2014

Introduzione a Gn 1

In principio

Con l’espressione in principio (bereshit ,arché, principium) con cui inizia la Bibbia non intendiamo solo in principio del tempo ma nell’eternità di Dio e in riferimento alla Sapienza di Dio. Tale interpretazione si giustifica se teniamo presenti  en archè di Gv 1,1 e in parallelo a Pr. 8,22. Quindi l’inizio è in prospettiva trinitaria nel prologo di Giovanni[1], è in prospettiva sapienziale nei Proverbi. Dunque quel in principio della creazione ha il suo fondamento e il proprio archetipo nella pienezza del mondo di Dio. Il mondo degli angeli[2] è stato creato in vista del loro servizio al mondo degli uomini, così da formare un’unica creazione: mondo ideale, il cielo e mondo reale, la terra che si riflettono l’uno nell’altro e si rapportano l’uno all’altro. La terra è gravida di tutta la creazione già tracciata nei cieli, e obbedendo al comando di Dio, lo realizza. Infatti, dopo il versetto 1 non si dice più niente del cielo significando con ciò che esso fu creato con un unico atto nella pienezza, mentre la terra esce dal suo stato informe e vuoto solo con i sei giorni. Tuttavia, il mondo angelico, non contiene tutta la pienezza, è solo il grado iniziale della creazione che continua al di là e oltre verso la terra e il mondo degli uomini. Esso occupa un posto intermedio tra Dio e il mondo, come servitori di una creazione ulteriore che essi serviranno, quindi la loro pienezza rimane in funzione del nostro mondo. Alla fine del mondo attuale saranno gli stessi angeli che collaboreranno con Dio per il compimento dell’uomo perfetto in Cristo, liberandolo dal peccato in modo definitivo.
La dottrina degli archetipi divini della creazione era già presente in tutta la riflessione cristiana a partire dall’epoca patristica greca. Secondo questa dottrina il mondo concreto non è indipendente dal mondo divino. La pienezza divina funge da prototipo a cui Dio guarda per creare. Il primo a parlare di paradigmi è Gregorio Nazianzeno nei suoi Poemi teologici: “La mente creatrice del mondo considerava nelle sue rappresentazioni noetiche le immagini del mondo….Dio ha tutto davanti ai suoi occhi: ciò che era, ciò che sarà, ciò che è adesso”. Anche Giovanni Damasceno e Massimo il Confessore parlano di archetipi che sono in Dio sostanziali e integralmente esistenti. La creazione è uscita dalla mente di Dio, dal suo pleroma come altro da sé nell’eterno abisso della vita divina. Questa Sofia creaturale che esce dal pleroma divino sono il cielo e la terra di Gn 1,1 ovvero la creazione degli angeli e dei semi sofianici che si svilupperanno sulla terra. Questa Sofia creaturale è l’anima del mondo, la sostanza stessa della creaturalità immersa nel nulla. La creazione dei cieli sono i paradigmi, i prototipi dell’essere, i logoi spermatici inseriti nella creazione come semi che prima riposano in un sonno simile alla morte nella terra informe e vuota e poi sono suscitate alla vita dalle parole creatrici. La natura che viene dal verbo “nasci” sta facendo nascere progressivamente ciò che da sempre contiene dentro di sé. Ciò che non rende immediata la realizzazione delle potenzialità dei semi sofianici è la resistenza del nulla. Dall’incontro tra la Sofia è il nulla assoluto nasce la materia prima che è contiene la potenzialità di tutto ciò che esiste e questo abisso di oscuro male che è il nulla. Il mondo esci dalle mani di Dio come incompiuto, come forza caotica generata dal nulla. Questo principio caotico viene organizzandosi grazie allo Spirito di Dio, sia nella forza vegetativa con le sue innumerevoli varietà di piante, sia nelle innumerevoli specie di animali. Tutta la natura per personificarsi deve vivere negli spiriti creati, il suo principio vivificante è l’anima del mondo rappresentata dal sangue: “Perché l’anima di ogni corpo è il suo sangue, esso è la sua anima”(Lv 17,14). Tutto ciò che riteniamo morto nella sostanza inorganica è in realtà vitale. Starà ad un qualsiasi spirito, sia angelo o uomo, portare questa dimensione impersonale alla personificazione.
I sei giorni della creazione possono essere considerati come una creazione progressiva e una preparazione del mondo per lui. Tutto ciò che si rapporta  a questo mondo dell’uomo e co-umano, è antropomorfo. Anche gli stessi angeli esistono per l’uomo e con l’uomo. Infatti, quando nell’Apocalisse si parla della Gerusalemme celeste si afferma: misura di uomo, che è anche misura di angelo (Ap.21,17). In queste parole si esprime la sinantropia degli angeli che si manifestano sulla terra sotto forma di uomo e la sinangelità dell’uomo, derivante dall’immagine di Dio.  
 




[1] In Gv 1,1 Egli era in principio verso Dio sia era che verso non indicano nient’altro che lo Spirito Santo che dà la vita e che unisce il Padre e il Figlio come amore. Lo stesso pensiero è chiaramente espresso in Gv 1,4 in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La vita qui significa chiaramente lo Spirito Santo vivificante.
[2] Gli angeli vegliano sugli elementi naturali: il fuoco, l’acqua, gli astri e per analogia, si può concludere che essi sono proposti anche al mondo vegetale e animale. Tutto nel mondo ha il proprio angelo perché è il suo archetipo celeste. Per esempio, l’angelo del fuoco è lui stesso igneo, nel senso che porta nella sua essenza l’elemento noetico del fuoco, come l’angelo delle acque e così via.

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