lunedì 30 marzo 2015

Gn 2,8-15 "Il giardino in Eden"

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. 9Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. 10Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. 11Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l'oro 12e l'oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d'ònice. 13Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d'Etiopia. 14Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate.
15Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

Commento esegetico

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden a oriente e vi collocò l’uomo che aveva plasmato….Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi…

Il Signore Dio

Da un punto di vista narratologico si osserva tuttavia come il passaggio dalla semplice indicazione di Dio con il nome di Elohim del capitolo primo al nome proprio Jhyh dei capitoli due e tre, si passi dal tema generale della creazione del cosmo, all'osservazione più particolareggiata della creazione della terra e dell'uomo, e di quest'ultimo in rapporto con Dio.

giardino in Eden

Dio non fa costruire all’uomo il giardino, Dio non dà ordine all’uomo di lavorare per fare il giardino. Dio non ha bisogno dell’uomo come gli dei mesopotamici che sono stufi di lavorare e quindi creano il sostituto. Dio non va a cercare l’uomo perché ne ha bisogno, ma va incontro all’uomo, lo crea prende l’uomo e ve lo colloca dentro.
Il giardino è simbolo delle relazioni buone, luogo privilegiato della relazione tra Dio e l’uomo. Dio ha introdotto l’uomo alla relazione con sé.
Tuttavia il radicale ebraico ('dn) indica concretamente "delizie", quindi il giardino era un giardino di delizie. In questo giardino però scorreva un fiume che era portatore dell’energia vitale dell’Eterno, tant’è da esso prendeva linfa l’albero della vita.
 Un giardino a "Oriente" indica una località a Est di Gerusalemme, la capitale spirituale dell'ebraismo. Il territorio è una valle in cui scorre un fiume; all'uscita di questo giardino il fiume si divide e forma quattro. In definitiva da questa descrizione si ricava che si tratta di una valle fluviale. Il nome di questi capi o cime, come di funi, per due di essi hanno fatto individuare, con sufficiente certezza, i fiumi Tigri (letteralmente "che fa rumore") ed Eufrate (letteralmente "che fa fruttificare"), e gli altri due, il Pison e il Ghicon, di più difficile individuazione. In base a quanto detto fino a questo punto l'area di cui si parla è una valle fluviale deliziosa, in mezzo ad una steppa, a oriente di Gerusalemme, la cui acqua è, o era, in comunicazione idrica con il Tigri e l'Eufrate.
Questo terra, a suo tempo appunto circondata dalle acque, come una isola felice, aveva un cuore più fertile, eccezionalmente rigoglioso, particolarmente ricco d'acqua e quindi rispetto alle altre aree di vegetazione. Potrebbe essere collocata nella valle del Giordano.
Osservando la carta geografica la valle del Giordano è infatti a Est di Gerusalemme e la zona dell'attuale sbocco del Giordano nel Mar Morto, su cui si trova la Città di Sale che ricorda il racconto della moglie di Lot e di Sodoma e Gomorra, si trova in linea d'aria a 30 Km. sullo stesso parallelo. La palma da datteri, l'ulivo, la vite, i cedri, i fichi, l'albicocco, il melograno, il noce, il tamerice, l'acacia, la quercia, l'alloro, il mandorlo, il cipresso sono tutti alberi che ben fruttificano in tale valle. Fino in epoca storica e nei racconti biblici la zona è stata ricca di fauna; si ricordano le gazzelle, gli orici, i daini, gli stambecchi, e poi il leone, il lupo, l'orso, la volpe, oltre quelli domestici. A circa 40 Km. a nord dallo sbocco del Giordano, nel Mar Morto, pressoché alla confluenza nel Giordano dello Iabbok, affluente di sinistra, ai guadi del Giordano c'è la città di Adama, che fa ricordare il nome di Adamo, città fortificata nel territorio di Neftali (Gen. 19,36). 

Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.

L’albero
Nelle tradizioni mitiche antiche l’albero ha sempre un ruolo importante. In moltissime religioni l’albero diventa il segno verticale di collegamento fra la terra e il cielo: le radici sotto terra e i rami protesi verso il cielo. È l’asse di collegamento umano–divino. Molte religioni hanno un culto particolare per gli alberi e numerose celebrazioni rituali avvengono vicino a degli alberi. L’albero richiama l’aspetto femminile-materno del nutrimento dei suoi frutti e della protezione offrendo casa e riparo attraverso la sua ombra. D’altra parte c’è l’aspetto maschile della sua verticalità cosmica: legato alla terra, ma cresce verso il cielo cercando la luce. Dal legno dell’albero si fanno i bastoni segno dell’arma come esercizio del potere. Il bastone è un piccolo albero sradicato, dominato e controllato.
Se mettiamo insieme i due aspetti femminile e maschile abbiamo la valenza di una persona, infatti il Salmo 92(91) afferma: il giusto fiorirà come palma oppure il salmo 1 chi medita la legge del Signore ..sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua-


l'albero della vita

La tradizione orientale, poi, conosce l’albero della vita, la pianta della vita. Basti pensare alla grande ricerca di Gilgameš. Che esista l’albero della vita è un dato scontato. Moltissime tradizioni antiche conoscono l’albero della vita e, quindi, è più che naturale che nel giardino degli dei ci sia l’albero della vita.
Il termine ebraico vita è usato al plurale "haiim" e non potendo essere un maschile è da considerare un plurale duale, perciò l'albero della vita in effetti è albero delle vite e più precisamente si può pensare come "l'albero delle due vite".
La cacciata dal paradiso ha il senso di evitare nella vita a venire che Adamo dopo il peccato rimangi di quell'albero della vita e così rimarrebbe per sempre in disgrazia anche nella seconda vita. Nel concetto due, in ebraico shenajjm, dal radicale shena significa “ripetere, rinnovare", c'è la lettera shin che evoca nella mente a chi aduso a vedere le lettere ebraiche anche come ideogrammi la traccia grafica dello splendore del fuoco e della risurrezione. Il mangiare dell'albero della vita è perciò gustare un frutto, farmaco di immortalità, che reca la risurrezione e la vita eterna.

l’albero della conoscenza del bene e del male

L’albero della conoscenza del bene e del male, invece, non si trova, non si è trovato almeno finora da nessuna parte. È dunque fondata l’impressione che si tratti di un’invenzione del nostro autore. Nel sistema mitico degli alberi simbolici il nostro autore crea un nuovo simbolo: l’albero della conoscenza del bene e del male. Bene e male sono due concetti opposti e nel linguaggio semitico si usa volentieri una coppia di termini diversi e opposti per dire una totalità. Cielo e terra, vale a dire tutto. Il Signore ti benedica quando entri e quando esci, cioè sempre. Bene e male, cioè tutto quello che uno fa. Mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male equivale a impadronirsi di una realtà. Quindi abbiamo a che fare con un simbolo che significa la pretesa di far di testa propria.  L’albero della conoscenza è simbolo della propria coscienza in cui dimora la libertà dell’uomo.
Il verbo ebraico daat contiene la parola tempo (‘t) che esprime la possibilità per l’uomo di entrare in una condizione temporale di incompiutezza oppure di scegliere la strada della sua comunione con Dio.
 
Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse

In questo giardino l’uomo ha il compito di coltivarlo e custodirlo, ma non per il bene di Dio, per mantenere questa realtà. Ma anche qui i due verbi sono molto significativi. Il verbo coltivare (‘bd ), è il verbo del culto: anche in latino «colere» è lo stesso verbo per indicare l’adorazione e la coltivazione.
Il culto ha la stessa radice di coltivare e custodire (šmr)è il verbo che indica anche l’osservare. Vogliono dire: adorare, servire il Signore e osservare, mettere in pratica i suoi comandamenti. Quindi non sono verbi semplicemente del lavoro, ma indizi della relazione con Dio. Il giardino diventa chiaramente un simbolo della relazione amichevole con Dio. Questa relazione deve essere coltivata. La persona di Dio, la sua parola, deve essere custodita.

Commento patristico

“Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato”
Procopio
In Eden  Questa parola vuol dire “delizia”; lo piantò in un luogo delizioso e bello.
A Oriente  Con ciò, Dio preludeva a quanto sarebbe accaduto. Poiché, come le stelle nascono ad oriente e corrono verso il tramonto, così anche l’uomo, posto ad oriente, doveva correre dalla vita alla morte, per ricevere poi con la risurrezione dai morti,un nuovo sorgere. Cristo, infatti, è venuto per far sorgere ciò che era tramontato.
Siriaci
Il Signore… piantò  Mostrò la cura speciale che Dio ebbe per questo luogo, ciò indica la gloria di colui che vi avrebbe abitato.
Agostino
Un giardino… a oriente    Con queste parole si dice figurativamente anche delle delizie spirituali proprie della vita beata.
“Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino, e l’albero della conoscenza del bene e del male”.
Agostino
Ogni sorta di alberi graditi alla vista  Dobbiamo intendere le gioie spirituali, in ogni albero bello all’aspetto per l’intelligenza e buono come cibo che non si corrompe – quel cibo di cui si nutrono le anime beate, operate per il cibo che non si corrompe (Gv 6,27)
L’albero della vita nel mezzo  Significa quella Sapienza per cui l’anima deve comprendere di essere fatta per stare come nel mezzo della realtà: poiché, pur avendo sotto di sé tutta la natura corporea, deve comprendere che al di sopra di lei c’è la natura di Dio.
Ruperto
L’albero della vita   Il paradiso terrestre fu fatto a immagine del paradiso celeste, dove le potenze angeliche sono come alberi bellissimi, e albero della vita è Dio stesso, della cui visione beata gli angeli sempre vivono felici. E a immagine e somiglianza della  Chiesa degli eletti, dove …, albero della vita è il Cristo.
L’albero della conoscenza del bene e del male.   E’ albero della morte, in realtà: ed è chiamato albero della conoscenza del bene e del male per contrario. Nel genere umano, come l’albero della vita è il Cristo, così il suo contrario, l’albero della morte, è l’Anticristo.
Riformatori
L’albero della vita  Io sono convinto di ciò che hanno insegnato alcuni Padri, l’albero della vita era figura dl Cristo come Parola eterna di Dio. E ad Adamo fu insegnato, con questo segno, a non attribuirsi nulla come proprio: perché dipendesse totalmente dal Figlio di Dio e non cercasse la vita se non in Lui.
Apocrifi

Apocalisse di Enoc. 32
L’albero della conoscenza: “Oltrepassate le montagne del Nord-Est, Enoc arrivò nel Paradiso della Giustizia, ricco di Alberi numerosi e grandi, fra cui primeggiava l’Albero della Sapienza.  Quelli che ne mangiano conoscono una grande sapienza. Esso rassomiglia al carrubo; il suo frutto, simile ad un grappolo della vigna, è molto buono; e l’odore di questo Albero, si spande e penetra lontano. E io dissi: «come è bello quest’albero e come il suo aspetto è dolce». L’Angelo santo, Raffaele, il quale era con me, mi rispose e disse: «Questo è l’Albero della Sapienza, di cui mangiarono il tuo vecchio Padre e la tua vecchia Madre, tuoi avi: ed essi conobbero la Scienza, i loro occhi si aprirono e seppero che erano nudi, e furono cacciati dal Paradiso.

Commento spirituale

L’albero della vita è la linfa dell’amore di Dio per l’uomo, esso è lo Spirito Santo, datore di vita. In questo albero possiamo vedere la vita divina a cui l’uomo dovrà attingere per somigliare a Dio. Nell’albero della conoscenza del bene e del male notiamo la linfa dell’amore dell’uomo per Dio. Il verbo conoscere in ebraico significa fare esperienza, è legato al tatto e alla visione e richiama la coscienza dell’uomo, la sua immagine divina nel suo aspetto incompiuto, ma che anela alla sua sorgente divina in divenire, essere figlio di Dio.
La tradizione collega l’albero della conoscenza al fico in ebraico te’nah, questa stessa parola significa pulsione sessuale, il “crescere del desiderio”, l’eros, dunque esprime la realizzazione del desiderio dell’uomo per Dio, la crescita del Figlio dell’Uomo nel mondo. L’albero della conoscenza dona il suo frutto in ogni stagione (in ogni tappa del percorso dell’uomo) per acquisire la conoscenza divina e cambiare la pelle in luce[1]. L’uomo è chiamato a diventare quel frutto che contempla passando attraverso la le tante rinunce (morti) alla sua natura animale per salire (risurrezioni) verso la natura divina.
Infatti, nella nuova Gerusalemme dell'Apocalisse c'è solo l'albero della vita ma non più quello del bene e del male "perché la conoscenza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare." (Is. 11,9b).









[1] In ebraico pelle e luce hanno le stesse lettere, cambiamo solo della prima in pelle c’è la ain in luce alef, la prima esprime la visione della realtà sensibile nella sua sorgente divina, la seconda Dio-Uno, il Padre.

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