Commento
esegetico
14Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel
firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le
feste, per i giorni e per gli anni 15e siano fonti di luce nel firmamento del cielo
per illuminare la terra». E così avvenne. 16E Dio fece le due fonti di luce grandi: la
fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per
governare la notte, e le stelle. 17Dio le pose nel firmamento del cielo per
illuminare la terra 18e per governare il giorno e la notte e per
separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Il quarto giorno
vede il completamento dell’opera compiuta il primo giorno, la creazione degli
astri è in stretta relazione con quella della luce. Ma l’autore sacerdotale non
cita le due opere più splendide: il sole e la luna. Evita i loro nomi perché in
tutte le culture vicine a Israele, il sole e la luna sono considerate divinità;
per non correre rischi, o meglio, per non dare importanza a realtà idolatrate,
non le chiama con il loro nome e adopera una parafrasi allusiva. Si tratta di
un chiaro intento «demitizzante». Nei racconti tradizionali antichi sull’origine
del mondo il sole, la luna e le stelle erano sempre elementi fondamentali e
iniziali; nel poema biblico, invece, compaiono solo nella seconda fase, non
viene attribuita loro particolare importanza e sono ridotti a meri strumenti. Il
termine adoperato dall’autore me’orot tradotto con luce, indica piuttosto la lampada, cioè il sostegno per un oggetto
che emana luce: la traduzione migliore mi sembra «lampadario». Si tratta
semplicemente di lampadari che Dio ha appeso al soffitto della terra, cioè sul firmamento.
La funzione di questi lampadari è quella di creare separazione fra giorno e
notte, servire da elementi indicatori per i cicli stagionali e liturgici e
infine illuminare la terra. La mentalità dell’autore sacerdotale emerge di
nuovo chiaramente: gli astri hanno un’importanza fondamentale per la costituzione
del calendario religioso e questo ruolo risale a Dio stesso che con essi ha
inteso organizzare il cosmo e il tempo.
siano
dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni
'Oth,
la parola che qui è tradotta con segno è anche una preposizione, che indica
il
complemento
oggetto ed è formata dalla prima e dall'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, alef e thav: una specie di segno dei segni. La troviamo già nel primo
versetto della Bibbia usata come preposizione in contesti come questo, non ha
un equivalente nelle nostre lingue. Indica semplicemente un oggetto e
un'intenzione. Qui, usata come sostantivo, questa radice significa “segno”, in altri
contesti indica le insegne militari, i monumenti e, soprattutto, i miracoli di
Dio. Comunque sia, stiamo parlando di una comunicazione destinata a qualcuno.
La luce è luce per qualcuno che la vede, e anche le luci nel cielo hanno lo
scopo di essere viste da qualcuno e servire da indicazione del tempo che passa.
Gli astri, grazie alla regolarità del loro movimento, sono un punto di
riferimento per avere una misura del tempo. Ma per capire il movimento e per misurare
il tempo occorre in qualche modo esserne fuori. Dall'eternità il Signore ha disposto
i cieli perché fossero contemplati da qualcuno in grado di contare, cioè di
mettersi fuori dal tempo. Non è ancora il momento di creare l’uomo, ma è in
vista dell’uomo che ogni cosa è stata creata.
E così
avvenne
In ebraico khen si
usa per dire “sì”. Viene da una radice che significa stabilire, mettere a punto.
Quasi dalla stessa radice procede anche la parola con cui la Bibbia si
riferisce ai sacerdoti (khohanym). Il cosmo è un immenso orologio messo
a punto per battere non solo le ore, ma i mesi, gli anni e le epoche. Perché
qualcuno possa chiedere: “Insegnaci a contar bene i nostri giorni, per
acquistare un cuore saggio” (Salmi, 90:12). In tutte le culture, e in
particolare in Israele, il conto del tempo era compito dei sacerdoti, che
contavano i giorni, i mesi e gli anni perché fossero celebrate le feste e si
conservasse memoria delle cose avvenute. Perché le cose passano, ma grazie al
conto del tempo si conserva memoria delle cose avvenute e questa memoria
diventa un’istruzione per il futuro.
E Dio
fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il
giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle.
Il verbo tradotto
con il nostro “governare o presiedere” (mashal) ha la stessa radice
delle parole che traduciamo con esempio e con proverbio ed è
all’origine della parola che, dal greco del Nuovo Testamento, abbiamo
traslitterato con il termine evangelico parabola. Il senso di questo presiedere
è di governare con l’esempio, cioè con quello che si è. Un’autorità che viene
dalla propria qualità.
Commento
decriptato
E’ questa la tappa
in cui l'uomo allarga la visuale e fa un salto di spiritualità passando
dall'io-Dio all'io-tu-Dio, sia che si guardi questa pagina sotto l’aspetto
della crescita spirituale d’un uomo formato, sia dello sviluppo
fisico-eticospirituale d’un uomo uscito della protezione del materna e
dell’infanzia che inizia una vita di relazione per arrivare alla maturità con
l’aiuto d’intermediari. Dio vi
provvede con “luci nel firmamento del
cielo…per regolare il giorno…per
regolare la notte”, che però non sono chiamati sole e luna. Nella
descrizione del giorno 2° si concluse che il firmamento o cielo non è fisico, ma
interfaccia tra lo Spirito di Dio e la sfera dell'uomo. Questo cielo è disposto
per la rivelazione in quanto si può considerare l'uomo un mondo con atmosfera
di spessore pari alla crescita della sua spiritualità. Là c’è tutto ciò che
conosce ed ha acquisito da Dio; Dio è la madre, la vita e l’acqua di sopra e
l’uomo è il bimbo, la vita e l’acqua di sotto.
L'uomo non può
contenere Dio che sta all'esterno delle suo cielo, per lasciarlo libero, ma è
in tale seno che è da entrare per rinascere cioè per “essere”. Ciò che l’uomo
non conosce di Lui è oltre il firmamento, contatto tra noto e ignoto, ma Dio da
quel Cielo soffia lo Spirito a intermediari da Lui preposti per far crescere lo
spirito dell’uomo fino alla dimensione che accetta d’acquisire; infatti, dove
sta Dio? Disse un rabbino: dove lo si lascia entrare!
Tali luminari
posti all'interfaccia, appunto il firmamento, ricevono energia da Dio
e possono essere
recepiti dall'uomo, perché solo ciò che è sotto il firmamento spirituale è
recepibile dall'uomo. Se ne ricava che i grandi luminari e le stelle non sono
astri, ma un’allegoria, terminali attraverso cui l’uomo può rapportarsi con lo
Spirito di Dio che così può invadere lo spirito dell'uomo: “metterò dentro di voi il mio Spirito.”
(Ez. 36,27). Questi terminali sono necessari finché l'uomo è portato nella
crescita spirituale a livello tale (7° cielo) che l'interfaccia sia eliminabile
ed il colloquio possa continuare senza intermediari, faccia a faccia come un
uomo parla ad un uomo: “Poiché di lui
stirpe noi siamo” (Att.17,28b) e "I suoi servi l’adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il
suo nome sulla fronte.” (Ap.22,3b-4) Lo scrittore ispirato del Gen 1 aveva la
sua luna, l'Assemblea Madre ed il suo sole, la Torah, in quanto nel parallelo
con l’Esodo questo giorno si può vedere proprio come quello della consegna
della Torah a Mosè.
E le stelle ? I
profeti, i sacerdoti i dei fratelli nella fede. In definitiva, Dio, nel 4°
giorno dà segni efficaci all'uomo con la capacità di seguirli; cioè nella
libertà dona precetti e l'obbedienza.
Nella parabola della nascita d’un uomo nuovo nel 3° giorno è terminata la creazione
della “terra” che è separata dalle acque del parto dalla madre; è creato il
terrestre, l’asciutto, cioè l'hardware dell'uomo nuovo. L’uomo ora
potenzialmente ha tutto, ma quel che sarà dipende da ciò che gli si dà per
coltivarlo, dall'educazione in senso lato; cioè per lo sviluppo armonico è da
ben impostare il programma, il software definito cielo, ciò che è al disopra
della sua terra ed è la sua sfera estetico, razionale, etico, sociale e
spirituale. L’autore indica che i veri astri - sole, luna e stelle - dell’Ebreo
sono la luce di Dio che promana essenzialmente dal Suo candelabro a sette braccia o menorà;
vale a dire nell’assemblea dei fratelli.
Il punto focale della creazione, è appunto il 4° giorno che è il mediano dei
sette giorni e corrisponde alla luce centrale della menorah. Queste luci di cui
si parla nel 4° giorno servono: per illuminare la terra - cioè nel nostro
parallelo, Adamo; per regolare giorno e notte, cioè per le ore di preghiera;
per le stagioni, per i giorni e per gli anni, ossia per le feste e per i
giubilei; per separare la luce dalle tenebre, ciò che è secondo Dio da ciò che
non lo è.
Nella
descrizione di questo giorno abbiamo considerato che non sono nominati il sole
e la luna che normalmente si considerano creati in questa tappa. Adamo poi darà
il nome agli animali, ma non agli astri e da parte di Dio questo sarebbe stato
il momento giusto per chiamarli sole e luna, ma non avviene. Gli unici astri
veramente nominati sono le stelle, ma è da pensare alla giustizia e ai giusti:
“Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.”(Is 62,1), infatti stella
è kokab e da una lettura
con le lettere s’ottiene: “arde כ ו ה)כ ו )
la rettitudine כ dentro ב”;
cioè, attraverso loro si vede un bagliore della rettitudine di Dio e le stelle
sono kokabim: “arde כ ו ה)
כ ו )
la rettitudine כ dentro ב che
vi sta י a vivere .“ם. Nessuna
parola nel Genesi è scritta a caso, ed è importante andare a cercare quando la
parola “stelle” è in questo rinominata il che si verifica proprio con le parole
sole e la luna quando Giuseppe racconta il sogno: “Ho fatto ancora un sogno,
sentite: il sole, la luna e undici
stelle si prostravano davanti a me. Lo narrò quindi al padre e ai
fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: Che sogno è questo che hai
fatto! Dovremo forse venire io e tua
madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te ?” (Gen
37,9s) E’ chiaro che lì il sole è il
padre, la luna è la madre e le stelle i fratelli (di sangue e/o della
comunità) in linea con quanto si va dicendo e si può allargare. Per i cristiani
Gesù, il Cristo incarnato, storicamente nel cammino di salvezza è ritenuto il
sole, luce parallela a quella del 1° giorno (uguale e consustanziale al Padre)
preesistente alla creazione, visibile fisicamente dall’uomo nella sua 4° tappa
spirituale, con gli occhi della fede formatasi nei primi tre giorni. Cristo è
proprio il sole: “Io sono la luce del
mondo, chi segue me non cammina
nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12) e “La città (nuova Gerusalemme) non ha bisogno della luce del sole, né della
luce della luna perché la gloria
di Dio la illumina e la sua lampada è l’agnello.” (Ap 21,23) La luna nel
parallelo è Maria, la Chiesa, illuminata da Cristo - sole: ”Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi …” (Ap12,1b),
l'Assemblea dei fratelli che guida e aiuta quando nella notte gli occhi non
vedono la luce grande e stelle? Santi, i veri cristiani, le stelle “…e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap12,1b), cioè i 12
apostoli, quindi il magistero.
La decriptazione
di stella Caf waw
(H) caf bet è “Arde per la
rettitudine dentro”. Inoltre, il termine ebraico kokhab, “stella” è molto bello e denso
di significato; le lettere che lo formano, infatti, ci svelano l'immensità
della presenza che questi elementi celesti portano in sé. Troviamo due caf, che significano "mano" e
che racchiudono in sé una waw, cioè
l'uomo, inteso nella sua struttura vitale, nella sua colonna vertebrale, che lo
mantiene in posizione eretta, che lo fa salire verso il cielo, verso il
contatto col suo Dio e Creatore. Dunque, dentro le stelle, appaiono due mani, caf e caf, che stringono in sé, con amore, l'uomo: sono le mani di Dio,
che mai cessano di sostenerci, solo che noi ci affidiamo ad esse. Infine
compare la lettera bet, che è la
casa. Le stelle ci parlano, allora, del nostro viaggio verso la casa del Padre,
del nostro continuo migrare e ritornare là, da dove siamo venuti, fin dal
giorno della nostra creazione, ma già fin da sempre.
Quarto
giorno: (in questo
giorno l’uomo spirituale si manifesta in modo universale)
rebi(ain)i
il corpo che abita nell’esistenza ad agire
sarà o il Maestro sarà visto esistere (in riferimento all’unigenito figlio di
Dio sole di giustizia). Il sole la luna
e le stelle sono i corpi astrali che prefigurano l’archetipo dell’Uomo-divino.
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