e appaia
l'asciutto. E così fu. Dio chiamò l'asciutto terra
La terra di cui
si è parlato nel primo verso e che nel secondo era stata descritta come informe e vuota
comincia qui a prendere forma. Dopo la raccolta delle acque, la terra che prima
era solo fango e confusione diventa ciò per cui era stata creata, ed è ora
pronta per essere la base della nostra dimora.
La terra per
eccellenza (ha-‘Aretz) è oggi quella che Dio ha destinato a Israele, discendenza
di Shem, figlio di Noè attraverso cui si inaugura la linea degli “amici di Dio”
fino ad Abramo e ai discepoli di Gesù, tutti “pecore di Israele”. La terra
emerge dalle acque come Israele emerge dalle nazioni.
Ma anche la
terra di Israele e la Gerusalemme terrena che vi è stata costruita su indicazione
di Dio come sua capitale e sede del Suo tempio sono una prefigurazione della nuova
terra e dei nuovi cieli dove la Gerusalemme celeste è edificata non dalle mani dell’uomo
ma dallo stesso Signore.
Le acque di
sotto scendono con questo scopo, di fare venire alla luce, rendere visibile
l’asciutto (yabashah).
La superficie che prima era coperto da una massa d’acqua torbida che lo
separava dal cielo e dalla luce, adesso è diventato un luogo che aspetta l’acqua
che viene dal cielo e che prefigura l’acqua viva celeste simbolo dello Spirito
Santo. “Io infatti - dice il Signore - spanderò le acque sul suolo assetato e i
ruscelli sull'arida terra (yabashah); spanderò il mio Spirito sulla tua
discendenza e la mia benedizione sui tuoi rampolli” (Is 44,3).
e chiamò la
raccolta delle acque mari
La raccolta
delle acque (miqveh hamayim) è il risultato dell’ordine dato alle acque
di raccogliersi in
ruscelli e fiumi via via più grandi fino ad arrivare tutte in uno stesso posto:
il mare. Nella Bibbia i mari simbolizzano le nazioni, che circondano la terra
di Israele con le loro minacce. La terra non deve temere i mari, perché è in
vista della terra che i mari sono stati formati e non viceversa. Se le acque
che sono sotto il cielo si sono raccolte nei mari è perché ne emergesse una
terra che aspira alle cose che sono di sopra. Nel libro del profeta Geremia, miqveh
significa proprio “speranza”, il Signore stesso è chiamato così. “Speranza
d'Israele (Miqveh Yisrael), o Signore, tutti quelli che ti abbandonano
saranno confusi; quelli che si allontanano da te saranno iscritti sulla
polvere, perché hanno abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive”
(Geremia, 17,13). La fonte dell’acqua viva è chiamata raccolta (miqveh)
perché di fatto è Dio che ci attira verso il cielo dove Lui è.
Dio vide che
questo era buono.
Anche questo è
necessario e buono: che ci sia un limite tra il mare e la terra, perché così la
terra può ricevere la luce che le serve per la vita e l’acqua che scende dal
cielo non si mescola e non diventa un’unica massa con quella che è già scesa. È
una cosa buona agli occhi di Dio anche questa separazione tra ciò che deve
passare e ciò che deve essere trasformato per potere durare per sempre. Nella
nuova creazione, rimarrà solo ciò che è eterno e non ci sarà più necessità di
una separazione tra Israele e le nazioni (i due popoli saranno diventati uno,
come è scritto in Efesini 2,14); ma non perché Israele sarà stato inglobato nel
mare delle nazioni: piuttosto perché le nazioni saranno tutte venute alla luce della
nuova terra e il mare non ci sarà più (Apocalisse, 21,1).
Poi Dio disse:
Produca la terra della vegetazione
Anche quaggiù,
seppure sempre solo per un certo tempo, l'acqua vince la forza di gravità che
la spinge ad ammassarsi in un unico luogo, verso il basso. Separata dal mare,
infatti, la terra riceve la pioggia dal cielo e diventa fertile, dando luogo a
un’altra via di risalita rispetto a quella della trasformazione in vapore: la
crescita della vegetazione. L'acqua che scende come pioggia viene assorbita
dalla terra che diventa capace di produrre vita. Come dice espressamente la
Scrittura, è una figura visibile di quello che è l'opera della parola di Dio. “Si
spanda il mio insegnamento come la pioggia, stilli la mia parola come la
rugiada, come la pioggerella sopra la verdura e come un acquazzone sopra l'erba”
(Deuteronomio, 32,2).
L'ebraico dice tadshe
ha-‘aretz deshe, “vegeti la terra della vegetazione”. Sembra poca cosa, ma
in questo ordine è contenuto l'ordine della vita. Le molecole che formano la
terra si devono ordinare in modo da crescere e riprodursi, dividendosi e
moltiplicandosi come fanno le microalghe e i funghi microscopici che
costituiscono la base dei primi vegetali, i licheni e le altre rudimentali forme
di vegetazione come muschi e felci, che non hanno dei veri semi (ma solo
spore), e che preparano il terreno per più complessi tipi di vegetazione, organismi
capaci di produrre semi e anche frutti, come dice subito dopo.
delle erbe che
facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del
frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra
Scopo della
terra è portare frutto. Se l'acqua che scende dal cielo e filtra attraverso la
terra è come l'insegnamento della parola di Dio, sappiamo che questo
insegnamento non è dato a vuoto. “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e
fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è
della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza
aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata”
(Isaia, 55,10-11). Per questo chi medita la parola di Dio, come scrive Davide
nel primo dei suoi salmi è come un albero piantato presso l’acqua corrente. Ma
la parola non solo è l'acqua che vivifica la terra: è anche il seme che cresce
e si moltiplica quando cade nella terra giusta. Gesù, spiegando la parabola del
seminatore, conclude dicendo: “quello che ha ricevuto il seme in terra buona è
colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l'uno
rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta” (Matteo, 13,23).
C'è una terra
rocciosa e c'è una terra buona. Ogni tipo di vegetazione elencato in questi versi
prepara il terreno per il tipo che segue. I licheni, i muschi e le felci
lavorano la roccia e preparano l'humus perché possano crescere altri vegetali
più organizzati: l'erba che porta seme (come il grano e gli altri cereali) e
poi, dopo che l’erba si è diffusa (soprattutto orizzontalmente), gli arbusti e
gli alberi che mettono radici più profonde e fanno anche un frutto contenente
il seme, che deve trovare un terreno adatto per poter mettere radice e rinascere
come un nuovo organismo capace di portare altro frutto. Così è anche il
nostro cuore, più o meno adatto a ricevere il seme in modo da portare frutto. In
questa del seminatore e in altre parabole in cui parla di semi e di piantagioni,
Gesù nomina anche i rovi o le erbacce (le zizzanie di Matteo 13:25-40),
piante che non portano frutto, ma anzi causano danni, impedendo alle piante
fruttifere di portare il frutto che potrebbero portare. Sono una raffigurazione
dei pensieri, dei discorsi e dei comportamenti che causano scandali e
divisioni. I biologi che cercano di descrivere matematicamente la crescita
delle piante (per simularne la struttura al calcolatore) utilizzano delle
specie di grammatiche che generano gli organismi con delle regole di
costruzione sintattica, come con le lettere si generano parole, frasi e
discorsi.
Il linguaggio è
effettivamente fatto di semi, che producono piante più o meno fruttifere. Nella
lingua ebraica, “conversazione” e “vegetazione” (sichah e siach) hanno
una radice comune (come molti commentatori ricordano, parlando di Genesi 24,63,
dove è scritto che Isacco uscì a meditare nella campagna). D’altra parte,
albero ('etz) significa anche “consiglio”. Il frutto prodotto
dall'albero contiene a sua volta dei semi, che diventano capaci di produrre
altri alberi. Così anche i nostri discorsi, provengono da scelte passate e producono
scelte future.
A cominciare
dalla prima scelta, quella compiuta nel giardino dell’Eden, dove si trovavano l’albero
della vita e quello della conoscenza del bene e del male: il consiglio della
vita con Dio e il consiglio di una nostra autonomia di giudizio. Avendo scelto
l’albero dell’autonomia, ci siamo incamminati per la nostra strada nella quale,
come dice Paolo “siamo assenti dal Signore” (2Corinzi, 5:6). La terra è
diventata dura e produttrice di spine (Gn 3,18). Ma Dio non ci ha lasciato
senza speranza, anzi nella bellezza della vegetazione abbiamo una figura di una
vita di nuovo con Dio. Il consiglio (l’albero) degli empi ci fa sperare in cose
che non si realizzano mai. Speranze che portano la nostra vita a venir meno;
ma, per chi lo desidera, c’è l’insegnamento del Signore che è una fonte di vita
e di ristoro per tutti quelli che sono affamati e assetati di giustizia e di
verità. “La speranza insoddisfatta fa languire il cuore, ma il desiderio
realizzato è un albero di vita” (Pr 13,12).
Nel libro di
Ezechiele, dove si parla del Tempio di Dio, è scritto di un torrente sulla cui
rive c'erano moltissimi alberi, da un lato e dall'altro (Ez 47.6-7). Lo stesso
fiume ha visto Giovanni anche nella Gerusalemme che è in cielo. “Poi mi mostrò
il fiume dell'acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono
di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del
fiume stava l'albero della vita. Esso dà dodici raccolti all'anno, porta il suo
frutto ogni mese e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni”
(Apocalisse, 22,1-2).
E così fu. La
terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro
specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza,
secondo la loro specie.
La terra, obbedendo alla parola di Dio, si
modella in modo da far uscire l’acqua verso l'alto, sotto forma di vegetazione.
Il verbo che viene qui tradotto con produsse vuol dire semplicemente “fece
uscire”. Con la vegetazione l’acqua prende vita ed esce dalla terra in direzione
del cielo, da dove era scesa e da dove viene la luce che nutre le piante della
sua energia ordinatrice. “Fare uscire” è un’azione apparentemente molto
semplice. Ma perché questo avvenga in natura occorre che le molecole che si
trovano nella terra si organizzino secondo un ordine che è l'ordine della vita.
Nelle cellule vegetali, il carbonio e altri elementi chimici, che provengono
dall'aria, e dall'acqua, per intervento della luce si mettono in fila per
costruire materia vivente, anzi materia che produce la vita. Le cellule sono
come pietre - o, secondo la metafora che ha dato loro il nome – come stanze
viventi, che crescono secondo regole diverse a seconda delle diverse
specializzazioni e contengono in sé il germe per la loro riproduzione. Quello
che accade nelle cellule a livello molecolare, come si è scoperto solo negli
ultimi secoli e in particolare negli ultimi decenni, segue regole molto
precise, perché in ognuna di esse è letteralmente scritto tutto il piano della
costruzione dell'intero organismo. Alcune cellule speciali, poi, i semi, sono
formate in modo da fare ripartire la crescita di un organismo nuovo, che
combina le caratteristiche dei due organismi da cui sono stati formati i semi. In
ebraico, la parola che traduciamo con specie è la stessa preposizione
che in altri contesti significa semplicemente “da”. Gli arbusti e gli alberi
fanno fiori e frutti che contengono semi che propagano la specie. da loro
nasceranno cioè tanti organismi che derivano dagli stessi progenitori. Ogni
albero dà lo stesso tipo di frutto. “Si raccoglie forse uva dalle spine, o
fichi dai rovi?” (Mt 7,16). Così dal frutto si riconosce l’albero. Come è dall’esperienza
che si fa che si capisce se il consiglio era buono o era cattivo.
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