Dio
nella sua onnipotenza, autolimita il suo mondo divino per uscire da se stesso
verso “l’altro da sé” [1], ovvero verso il quasi nulla[2] . Dio si contrae[3], si
svuota[4], in modo
che si manifesti la sua creazione; questo spazio divino è il grembo materno da
cui sono generati gli angeli e gli uomini, chiamati alla vita divina. Dio per
amore del suo Figlio, pone accanto al suo essere assoluto l’essere relativo[5]. Questo
movimento kenotico permette a Dio di
restare nell’immutabilità del proprio essere in sé, ma allo stesso tempo di
vivere nella mutabilità della sua creatura. Dio permette alla sua creatura
quello spazio creaturale che è la libertà relativa. Ma facendo ciò, limita se
stesso, poiché si potrebbe attivare la potenzialità del male insita nella sua
creazione.
Il
nulla lo si deve considerare in unione con l’essere, allo stesso modo che lo
zero, posto dopo l’unità diventa un numero. Il nulla assoluto ricevendo
l’essere potenziale, diventa il nulla esistente (nulla relativo).
Il
mondo creato è nulla nel senso che non ha una propria esistenza autonoma di
fronte a Dio, ma questo nulla è racchiusa nell’eternità di Dio. Le radici della
creazione sono quindi nell’eternità di Dio[6], quindi
mondo divino e mondo creaturale hanno la loro radice nelle “profondità di Dio”[7].
Dio
lascia che il mondo creaturale esca da Lui e gli stia di fronte nella sua
libertà, Dio si fa altro fuori di sé, caricandosi del rischio di un rapporto
con il nulla. Infatti, la creatura scegliendo liberamente di restare nella sua
indipendenza, può negare il suo rapporto vitale con il suo principio e attivare
il “nulla creaturale”, rimanere nel suo stato di vuoto esistenziale.
Fra
Dio e la creatura, fra l’Assoluto e il relativo giace il nulla il limite oltre il quale si estende il non essere, la
“tenebra fitta”, ermetica ad ogni luce. La creatura è caratterizzata dal suo
essere nulla, dal suo essere tutto relativo a Dio. Tu sei stato creato
significa: tutto ti è stato dato, persino tu stesso non ti appartieni.
Rinchiudersi nel proprio stato di creatura significa desiderare di essere tenebre
di cui Satana è il principe. Nel suo nulla egli ha voluto vedere il tutto
divino, ed è stato costretto a rinchiudersi nel regno della morte.
La
creatura è nella sua sostanza essere-non
essere come la materia è il grembo materno, che è contemporaneamente sia
ricettacolo, che tomba. Essa è la Madre-Terra che fecondata dallo Spirito
Creatore, trae dal suo grembo tutto ciò che esiste e accoglie nelle sue viscere
tutto ciò che vi ritorna come essere mortale.
Con
la creazione, l’Assoluto stabilisce due centri: quello eterno e quello creato;
nelle viscere dell’eternità appare “un assoluto in divenire”: il Creatore.
Creando il mondo, Dio si fa in
qualche modo Lui stesso creazione. Nel mondo e per il mondo Dio stesso diviene, si sottopone a un continuo processo[8]. Perciò
si può dire che Dio non è compiuto, in quanto non è compiuto il mondo, e che
non è assoluto, poiché ancora non è “tutto in tutti”. Dio è correlativo alla
creatura che in forza della sua libertà si può allontanare verso il suo nulla e
nascondervisi. Dio vuole invitare al suo amore questo non-essere, questa vita
non-divina, ma ponendo accanto a sé un mondo extradivino stabilisce un certo
limite che nello stesso tempo riunisce e separa Dio e il mondo. Questo limite temporale[9] sarà
superato nel regno eterno di Dio quando la creazione ritornerà nell’Assoluto di
Dio, in quanto il Creatore e la creatura saranno un’unica realtà nel Figlio
unigenito di Dio e quindi “ Dio sarà tutto in tutti” (cfr. 1 Cor 15,28).
Il principio della creazione coincide
con la generazione eterna del Figlio, nel quale il Padre assume il progetto del
mondo come afferma l’apostolo Paolo: “in Lui tutto è stato creato” (Col 1,16).
Con l’inizio della creazione il Figlio è posto in potenza fuori dal Padre dal
momento in cui Egli vede la possibilità di un altro essere come potenzialità.
Alla fine della creazione il Figlio sarà effettivamente Persona divina in
quanto assorbito nell’atto purissimo dell’Assoluto di Dio.
[1] L’altro
di Dio non è qualcosa fuori da sé, ma è incluso nelle viscere della
vita divina (pan-enteismo, tutto in Dio e per Dio)
[2] Il quasi nulla è il nulla relativo, in
greco me on ciò che non è ancora
manifestato, una categoria tra non-essere ed essere, è la materia-madre gravida che contiene potenzialmente tutto.
[3] Questo
movimento trova il suo fondamento nel Zimzum,
che secondo la tradizione ebraica è l’autocontrazione di Dio, il suo ritirarsi
per far spazio alla libertà della sua creatura.
[4] In greco
kenos vano, privo di verità, che non
contiene nulla. Questa è la prima kenosis
di Dio, il suo primo annientamento che prefigura la kenosis del crocifisso.
[5] Dio
diventa Creatore quando la sua assolutezza diventa relativa, rispettando così
una volta per sempre l’alterità di ciò che da Lui viene alla luce.
[6] Tutto
ciò che è temporale è eterno e l’eterno
si manifesta nel temporale. Dio si lascia kenoticamente immergere nel divenire
attraverso l’atto creativo. Il tempo della creazione è l’immagine mobile
dell’eternità di Dio.
[7] San
Paolo chiama “la profondità di Dio” (1Cor 2,10) che solo lo Spirito conosce, pléroma, pienezza della natura divina in
cui Dio vive come Trinità.
[8] Questo
processo all’interno della Divinità è l’impronta dell’essere trinitario nella
struttura del mondo, nella storia universale, poiché le persone divine si
manifestano nel corso del tempo. Infatti, ciò che si manifesta nel tempo esiste
dall’eternità nelle viscere di Dio.
[9] Il tempo
è sostanzialmente collegato alla condizione della creatura immersa nel nulla.
La temporalità non esiste se non nell’eternità, la linea del tempo deve
fondersi in un punto, quando “ non vi sarà più tempo” (Ap 10,6). Il tempo viene fondato dall’eternità, poiché
Dio con la sua forza creatrice (energia) è presente nel processo temporale, vi
nasce: la creazione teofanica è anche una teogonia.